domenica 25 novembre 2012

chi ti misiru i Morti?


Le cronache parlamentari recentemente hanno registrato un episodio (spiritoso e divertente fino a qual punto non è qui il caso di approfondire): quello del senatore Cossiga che offre all’on. D’Alema, in gesto espiatorio, e forse propiziatorio, un "pupo" di zucchero per evocare, e nello  stesso tempo ricacciare nel passato, la sinistra (naturalmente!) fama di mangiatori di bambini che fino a qualche tempo fa accompagnava i seguaci del Verbo marxista.
Già, il pupo di zucchero! Tornano di colpo alla mente gli anni dell’infanzia e la "Festa" dei Morti.
Dice il Pitrè: "I Morti sono le anime dei nostri congiunti più cari, i quali una volta l’anno, la notte dall’1 al 2 novembre, escono dalle sepolture e vengono a rallegrare i nostri figlioletti lasciando loro ogni più bella cosa secondo i gusti e i desideri dei fanciulli".
Un’usanza che, a prima vista, potrebbe  sembrare macabra, primitiva, da terzo mondo si direbbe oggi, ma che -a ben guardare- riveste un profondo significato etico ed umano: i Morti che una volta l’anno "scambiano" visite con i vivi per riaffermare la continuità della vita, identificata negli ultimi nati della "dinastia".
Il Pitrè si sofferma sul rituale che nella credenza popolare -variabile secondo i luoghi- accompagnava questa annuale "libera uscita", in corteo, delle anime dei trapassati: "…In Modica i Morti , risorgono al solito, la notte della loro festa, e propriamente quando canta il gallo la prima volta; escono a schiere dalle sepolture e si ordinano a due a duecome nelle processioni e camminano lentamente….In Francofonte al primo r isorger che fanno si sentono dire:Cumanna cumanna! E senza neppur fiatare, per propria volontà, son già divenuti vento. Non si vedono, ma si sentono a cantare un latino corrotto: Meu meu/ Catameu… In Monte Erice i Morti
mangiano: fatto utile alla storia comparata degli usi funebri. Partendosi  dalla chiesa dei Cappuccini, a un terzo di miglio dalla montagna, recano con loro tutto quanto è necessario a far "buoni morti" a’ bambini loro divoti. Giunti alla Rocca Chiana si fermano a prendere riposo, sedendosi tutti in giro per rifocillarsi con ciò che di meglio possano immaginare i fanciulli ericini, cioè con pasta ben condita…"
Dall’altra parte, la lunga notte dell’attesa, affrontata col fermo proposito di non addormentarsi, per "vederli" finalmente in carne ed… ossa questi re magi portatori di doni vagheggiati e coltivati per tutto un lungo anno (ai tempi miei, o almeno per quanto mi riguardava, sorvolavo sui dettagli… come faranno ad entrare? Mah! fatti loro, l’importante che si facciano…vivi!)… niente da fare, anche stavolta la natura ha imposto la sua legge
e, al risveglio, "loro" sono già passati.
(Non sanno che "loro" si sono soffermati a guardare ogni angolino di quella che fu la loro casa, …ma quanti cambiamenti! picchì spustaru ‘u cantaranu da cammara ‘lettu? …picciotti e gaddini! …Maria, talia quantu è cianinu stu picciriddu, cu è Pippinu? sumigghia tuttu a mia quann’era nicu!)
Ma hanno almeno lasciato i regali promessi? Dai cerca, cerca bene, suggerisce il ben informato pilota di
questa affannosa caccia al tesoro in ogni angolo della casa.. prova in camera da letto, oppure dentro la credenza…
Chi ti "misiru" i Morti? Era la domanda, festosa, ricorrente fra noi bambini: cosa ti hanno "messo"… sì, perché i Morti non si limitavano a portare i doni, ma amavano "giocare" con i nipotini sfidandoli a scoprire dove avevano depositato –in posizione strategicamente nascosta- i desiati regali.
E quali migliori doni, quando al quotidiano "scollarsi" degli occhi c’era subito da affrontare il problema del
desinare, se non generi alimentari, i "cosa ruci" ovviamente in prima fila?
La parte del leone la faceva il pupo di zucchero: di varie dimensioni (dipendeva dalle "possibilità" dei Morti, perché anche laggiù -o lassù?- che credi, esistevano i ricchi e i poveri), sagome e colori, pezzi di vera scultura, che però non entravano nell’immediata disponibilità del destinatario, sotto tutela, ma rimanevano per qualche tempo in bella mostra nello "stipo a giorno", il museo di famiglia.
C’era la ‘nguantera, il vassoietto con la frutta di marturana, pochi pezzi così ben modellati e colorati al naturale da scambiarli con quelli veri, contornati da noci, castagne e quelle meravigliose, mele bianche, i puma ‘Napuli, dolci da squagliarsi in bocca, ora spariti dalla circolazione, rimpiazzati da disgustose imitazioni refrigerate.
C’era il trenino di legno da trainare con lo spago attaccato alla locomotiva, o la bamboletta che non aveva ancora imparato a dire mamma (meno che mai a cantare, ad aprire e chiudere gli occhi e a fare pipì nel vasino).
C’era ancora, ed era il caso più frequente, un paio di scarpe (come avranno indovinato che quelle vecchie avevano da tempo tirato le... cuoia, mah!).
-Vai dallo zio Nicolino, chissà che i Morti non abbiano lasciato qualcosa per te pure là, vai… e giù di corsa dallo zio Nicolino, bussando con fare indifferente, … vieni, vieni, credo che i Morti hanno lasciato un regalino anche per te!
Che bella festa questa dei Morti. Ma ora, presto, dobbiamo ricambiare la visita, andiamoli a trovare a casa loro,
poverini sono tanto soli, hanno bisogno di compagnia, la verità li trascuriamo un poco, portiamogli dei fiori… tu ti ricordi dove "abita" nonno Vincenzo? E la zia Concettina?
…Strade e stradine contornate di lapidi di persone sconosciute, con tanti fiori e lumini accesi, fino ad arrivare davanti ad una fotografia già vista, è il nonno Vincenzino… è lui che stanotte mi ha portato il pupo di zucchero? Per l’anno prossimo vorrei chiedergli di portarmi anche quella bella sciabola col fiocco azzurro che ho visto alla Fiera…
Ma quanta gente intorno, alcuni immersi nella preghiera e nel rinnovato dolore, altri un po’ chiassosi per la verità….
E qui, con un pizzico di ironia, ci soccorre ancora il Pitrè: "A Messina, però, anche oggi (parliamo di un secolo fa = n.d.r.) hanno l’abitudine di andare al cimitero,  e, seduti vicino alle tombe, mangiare e bere allegramente per poter vivere più lungamente e poi lungamente poter onorare i parenti morti…"
Poi…, poi son passati alcuni anni, e il dubbio è diventato certezza: non erano i Morti ma loro, i vivi, a "mettere" il pupo di zucchero.
Un inganno imperdonabile: fu così che cominciammo a non "credere" ai Morti né, tantomeno, ai vivi.(1998)