martedì 20 dicembre 2016

chi ti misiru i Morti?

sulla mia casella di Fb mi si chiede: a cosa stai pensando?
Approssimandosi la ricorrenza dei Morti, vado a pescare una nota scritta nel 1998, eccola!
chi ti misiru i Morti?
Le cronache parlamentari recentemente hanno registrato un episodio (spiritoso e divertente fino a qual punto non è qui il caso di approfondire): quello del senatore Cossiga che offre all’on. D’Alema, in gesto espiatorio, e forse propiziatorio, un "pupo" di zucchero per evocare, e nello stesso tempo ricacciare nel passato, la sinistra (naturalmente!) fama di mangiatori di bambini che fino a qualche tempo fa accompagnava i seguaci del Verbo marxista.
Già, il pupo di zucchero! Tornano di colpo alla mente gli anni dell’infanzia e la "Festa" dei Morti.
Dice il Pitrè: "I Morti sono le anime dei nostri congiunti più cari, i quali una volta l’anno, la notte dall’1 al 2 novembre, escono dalle sepolture e vengono a rallegrare i nostri figlioletti lasciando loro ogni più bella cosa
secondo i gusti e i desideri dei fanciulli".
Un’usanza che, a prima vista, potrebbe sembrare macabra, primitiva, da terzo mondo si direbbe oggi, ma che -a ben guardare- riveste un profondo significato etico ed umano: i Morti che una volta l’anno "scambiano" visite con i vivi per riaffermare la continuità della vita, identificata negli ultimi nati della "dinastia".
Il Pitrè si sofferma sul rituale che nella credenza popolare -variabile secondo i luoghi- accompagnava questa annuale "libera uscita", in corteo, delle anime dei trapassati: "…In Modica i Morti , risorgono al solito, la notte della loro festa, e propriamente quando canta il gallo la prima volta; escono a schiere dalle sepolture e si ordinano a due a due ome nelle processioni e camminano lentamente….In Francofonte al primo risorger che fanno si sentono dire: Cumanna cumanna! E senza neppur fiatare, per propria volontà, son già divenuti vento. Non si vedono, ma si sentono a cantare un latino corrotto: Meu meu/ Catameu…
In Monte Erice i Morti mangiano: fatto utile alla storia comparata degli usi funebri. Partendosi dalla chiesa dei Cappuccini, a un terzo di miglio dalla montagna, recano con loro tutto quanto è necessario a far "buoni morti" a’ bambini loro divoti. Giunti alla Rocca Chiana si fermano a prendere riposo, sedendosi tutti in giro per rifocillarsi con ciò che di meglio possano immaginare i fanciulli ericini, cioè con pasta ben condita…"
Dall’altra parte, la lunga notte dell’attesa, affrontata col fermo proposito di non addormentarsi, per "vederli" finalmente in carne ed… ossa questi re magi portatori di doni vagheggiati e coltivati per tutto un lungo anno (ai tempi miei, o almeno per quanto mi riguardava, sorvolavo sui dettagli… come faranno ad entrare? Mah! fatti loro, l’importante che si facciano…vivi!)… niente da fare, anche stavolta la natura ha imposto la sua leggee, al risveglio, "loro" sono già passati. (Non sanno che "loro" si sono soffermati a guardare ogni angolino di quella che fu la loro casa, …ma quanti cambiamenti! picchì spustaru ‘u cantaranu da cammara ‘lettu? …picciotti e gaddini! …Maria, talia quantu è cianinu stu picciriddu, cu è Pippinu? sumigghia tuttu a mia quann’era nicu!)
Ma hanno almeno lasciato i regali promessi? Dai cerca, cerca bene, suggerisce il ben informato pilota di
questa affannosa caccia al tesoro in ogni angolo della casa.. prova in camera da letto, oppure dentro la credenza…
Chi ti "misiru" i Morti? Era la domanda, festosa, ricorrente fra noi bambini: cosa ti hanno "messo"… sì, perché i Morti non si limitavano a portare i doni, ma amavano "giocare" con i nipotini sfidandoli a scoprire dove avevano depositato –in posizione strategicamente nascosta- i desiati regali.
E quali migliori doni, quando al quotidiano "scollarsi" degli occhi c’era subito da affrontare il problema del
desinare, se non generi alimentari, i "cosa ruci" ovviamente in prima fila? La parte del leone la faceva il pupo di zucchero: di varie dimensioni (dipendeva dalle "possibilità" dei Morti, perché anche laggiù -o lassù?- che credi, esistevano i ricchi e i poveri), sagome e colori, pezzi di vera scultura, che però non entravano nell’immediata disponibilità del destinatario, sotto tutela, ma rimanevano per qualche tempo in bella ostra nello "stipo a giorno", il museo di famiglia.
C’era la ‘nguantera, il vassoietto con la frutta di marturana, pochi pezzi così ben modellati e colorati al naturale da scambiarli con quelli veri, contornati da noci, castagne e quelle meravigliose, mele bianche, i puma ‘Napuli, dolci da squagliarsi in bocca, ora spariti dalla circolazione, rimpiazzati da disgustose imitazioni refrigerate.
C’era il trenino di legno da trainare con lo spago attaccato alla locomotiva, o la bamboletta che non aveva ancora imparato a dire mamma (meno che mai a cantare, ad aprire e chiudere gli occhi e a fare pipì nel vasino).
C’era ancora, ed era il caso più frequente, un paio di scarpe (come avranno indovinato che quelle vecchie avevano da tempo tirato le... cuoia, mah!).
-Vai dallo zio Nicolino, chissà che i Morti non abbiano lasciato qualcosa per te pure là, vai… e giù di corsa dallo zio Nicolino, bussando con fare indifferente, … vieni, vieni, credo che i Morti hanno lasciato un regalino anche per te!
Che bella festa questa dei Morti. Ma ora, presto, dobbiamo ricambiare la visita, andiamoli a trovare a casa loro,
poverini sono tanto soli, hanno bisogno di compagnia, la verità li trascuriamo un poco, portiamogli dei fiori… tu ti ricordi dove "abita" nonno Vincenzo? E la zia Concettina?…Strade e stradine contornate di lapidi di persone sconosciute, con tanti fiori e lumini accesi, fino ad arrivare davanti ad una fotografia già vista, è il nonno Vincenzino… è lui che stanotte mi ha portato il pupo di zucchero? Per l’anno prossimo vorrei chiedergli di portarmi anche quella bella sciabola col fiocco azzurro che ho visto alla Fiera…
Ma quanta gente intorno, alcuni immersi nella preghiera e nel rinnovato dolore, altri un po’ chiassosi per la verità….
E qui, con un pizzico di ironia, ci soccorre ancora il Pitrè: "A Messina, però, anche oggi (parliamo di un secolo fa = n.d.r.) hanno l’abitudine di andare al cimitero, e, seduti vicino alle tombe, mangiare e bere allegramente per poter vivere più lungamente e poi lungamente poter onorare i parenti morti…"
Poi…, poi son passati alcuni anni, e il dubbio è diventato certezza: non erano i Morti ma loro, i vivi, a "mettere" il pupo di zucchero.
Un inganno imperdonabile: fu così che cominciammo a non "credere" ai Morti né, tantomeno, ai vivi.(1998)
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giovedì 15 dicembre 2016

i quattru picciotti

Intervento di Mario Gallo alla presentazione di una pubblicazione su Alberto Sinatra
– Bonagia 18 giugno 2016

Sfogliando la pregevole  pubblicazione che ci viene presentata, mi ha subito colpito, quando si dice le coincidenze, l’episodio della sospensione dalle lezioni del figlio della lupa Alberto Sinatra, reo di essersi presentato a scuola, nel 1941- XIX dell’Era Fascista, in …borghese, episodio che fa il paio con quello capitato a me negli stessi anni al sabato fascista, nella sede della GIL (per i più giovani traduciamo in: Gioventù Italiana del Littorio) di Via Virgilio,  quando un gerarca fascista, amico di famiglia, professore di lettere negli altri giorni, con fiero cipiglio, panza in dentro e petto in fuori com’era di prammatica allora, ebbe a mettermi alla gogna davanti allo schieramento in armi dei balilla  che passava in rassegna, col disonorevole marchio di “scalcinato”. Era successo che, in luogo degli scarponcini neri d’ordinanza previsti dalla divisa di balilla, in mancanza d’altro mi ero presentato con comuni scarpe marrone: mi giocai l’ambita promozione a balilla moschettiere.
La mia e quella di Alberto erano infatti segni di trasandatezza imperdonabile nel contesto della farsa che il popolo italiano era stato chiamato a rappresentare sul palcoscenico della storia: oceaniche adunate di uomini e donne  sinistramente bardati di nero, fanfare e marziali sfilate cadenzate al passo dell’oca, la mistica fascista iniettata nelle vene dei giovani fin dai primi anni di vita, la grandezza imperiale di Roma, la superiorità della razza, il Mediterraneo “Mare Nostrum”, un repertorio di baggianate tragicamente trascinate all’inevitabile sbocco: la guerra, poche migliaia di morti da presentare al tavolo della pace per spartirsi un ricco bottino con l’allievo germanico.
E vennero le bombe: nel cuore della notte, svegliati dal lacerante urlo delle sirene d’allarme, ci precipitavamo nel precario ricovero di fortuna vicino casa (di fortuna nel senso che era  proprio un caso di fortuna uscirne vivi se colpito da una bomba
E i morti, il pianto di madri e spose,  la fame, la disperazione, il degrado materiale e morale che segnavano il nostro affacciarci alla vita defraudandoci del diritto al naturale approccio all’adolescenza e alla giovinezza.
Alla fine di questa gigantesca operazione di macelleria umana, uscivamo malconci dalla tragedia vissuta ma “vaccinati” per il futuro (almeno così credevamo!)mentre all’orizzonte si accendevano i bagliori di un giorno nuovo: aprivamo gli occhi intravedendo una realtà ben diversa da quella gabellata come modello assoluto di vita individuale e associata; ci fu dato sfogliare un immaginifico sconosciuto dizionario  di parole e proposizioni nuove: sovranità popolare, libertà di formazione ed espressione del pensiero, uguaglianza dei cittadini senza distinzione di genere, di religione, di appartenenza politica, di censo o di posizione sociale, abolito addirittura il titolo di “eccellenza” (che pur tuttavia, tra parentesi, è ancora duro a morire in certi ambiti della burocrazia).
I primi pantaloni lunghi, l'esame di maturità,tanti amici, tanti sogni, nell'aria un profumo chi ti mette addosso una smania stimolante, appagante, è primavera, la tua, e non lo sai: è l'età.
Tornavano in circolazione il pensiero e l’azione dei grandi italiani che avevano dato vita alla luminosa epopea risorgimentale che, altra parentesi, dissennati pennivendoli al soldo dei potentati affaristico mafiosi dell’Isola  osano oggi  infamare e rimettere in discussione: si è arrivati a definire i Mille “avanzi di galera” e non possiamo non annotare -parentesi quadra nella tonda-  che l’11 maggio scorso a Marsala, all’inaugurazione del monumento ai Mille, non era presente alcun rappresentante delle istituzioni nazionali e regionali: ovvio, i Mille non votano!
E’ la tua primavera e insieme la primavera della Repubblica.
I primi comizi, tanta esultanza, repubblica, libertà, uguaglianza; ci incantiamo alla lettura degli striscioni bianchi rossi verdi affissi al Passo dei Ladri a Borgo Annunziata:”La Repubblica è una casa di vetro.- Capitale e lavoro nelle stesse mani. -Il popolo è sovrano, giustizia e libertà. - Libera Chiesa in libero Stato.- Dio e Popolo.-La Repubblica Romana: Garibaldi, Mazzini Mameli.
Mameli,il più vicino all’immaginazione di noi giovani: il nostro eroe caduto a soli 22 anni durante la difesa della Repubblica Romana, autore di quell’inno che ci faceva battere forte in petto il cuore quando ancora non era stato adottato a inno ufficiale della Repubblica Italiana, da canticchiare incerti alle partite internazionali di calcio.
I lucciconi agli occhi, il cuore batte forte  e canti "Fratelli d’Italia...siam pronti alla morte";  lucciconi e batticuore che si presentano  tuttora puntualmente tutte le volte che ne sento le prime inequivocabili battute.
A Borgo, per iniziativa di vecchi mazziniani antifascisti come Giuseppe Di Giorgio e il maestro Saverio Minucci e di giovani come Nenè Schifano e Vincenzo Rizzo, era stata creata una Sezione del rinato Partito Republicano, sistemata in  via Marconi: due stanze molto piccole, due tavoli sgangherati, qualche sedia; non ci sono capi, fra loro si chiamano amici.
Da lontano, dalla via Palermo, si vede brillare qualcosa come un lumino in mezzo al mare, una luce amica: avvicinandoti scorgi una luminosa foglia d’edera, un faro  che indica un percorso: il nostro.
Nel suo ambito nasceva il Circolo Giovanile Goffredo Mameli, dove ci ritroviamo molti giovani: c’è la fascia che si aggira sui 18 anni, e c’è anche un discreto gruppo di pulcini al seguito; ne ricordo alcuni: Pino Carlino, Pietro Miceli, Franco Manca, Gino Vultaggio,Paolo Poma, Salvatore Messina, Peppe Spezia, Rino Maranzano e…lupus in fabula Alberto Sinatra
I soliti cosiddetti ben pensanti ci chiamavano, in tono non necessariamente irridente: “quattru picciotti”: divenne il nostro distintivo d’onore, prendemmo ad assaporare il gusto dell’essere minoranza sì ma pulita, non disponibile a compromessi quando erano in gioco gli ideali, quelli sentiti e praticati.
Dopo l’avvento della Repubblica, ci trasferimmo nei più ampi locali di Via Conte Agostino Pepoli negli immediati pressi del Santuario della Madonna: per molti di noi divenne la seconda casa, denominata appunto “u fossu”, difficile allontanarcene. Qui prese vita una comunità nel segno dell’amicizia, la più schietta e disinteressata, e degli ideali - se volete anche delle illusioni- coltivati con passione e disinteresse personale, cui si accompagnava un diffuso senso di solidarietà (per andare al cinema o visitare altre dimore chiuse, si faceva cassa comune: i più facoltosi, si fa per dire, soccorrevano quelli squattrinati…la maggioranza!).
Qui si discettava di politica, ma allo stesso tempo si parlava di quelle ragazze che incrociavano le nostre occhiate assassine durante le passeggiate serali in Via Palermo e in Via Pepoli; si giocava a carte e poi si dibattevano appassionatamente temi come la preferenza da dare al tricolore o al drappo rosso con l’edera per rappresentare il PRI nel solco della tradizione repubblicana (la mia preferenza era per il drappo rosso, quello che molti anni dopo amorevoli mani domestiche dovevano tagliare e cucire quasi a suggellare una comunanza di vita con la consonanza degli ideali); ci trasferivamo al campetto di Raganzili, incontrandovi magari un ragazzotto di nome Nino Zichichi, a correre dietro un pallone d’incerta conformazione sferica per tornare in sede alle prove di un lavoro strappalagrime da rappresentare sul palcoscenico del Circolo (anche gli attori pagavano il biglietto d’ingresso!); si partecipava con ardore alle campagne elettorali, mentre fuori dal circolo si preparava la colla (la farina ce la procurava Peppe Marrone) per attaccare di notte i manifesti sui muri delle case del Borgo maldestramente e col rischio di essere scambiati per ladri.
Eravamo un gruppo di avanguardia, autodidatta della politica, che esprimeva laiche posizioni di libertà ed apertura, una presenza sicuramente anomala nelle acque stagnanti della palude conformista, paramafiosa o, nel migliore dei casi, ignava ed agnostica del chi te lo fa fare, stabilmente piazzata in questo lembo di periferia cittadina.
Qui mi viene in mente la crociata di fuoco (quando si dice la carità cristiana!) bandita dai frati carmelitani del Santuario della Madonna con affollato e plaudente comizio da loro tenuto al Passo dei Ladri contro una piccola comunità evangelica sorta a Borgo Annunziata: turbava il quieto vivere dei bravi cattolici del Borgo!
Le esigenze della vita mi hanno visto lasciare a malincuore i luoghi della giovinezza; da lontano non ho mancato di seguire le vicende dei quattro picciotti giovandomi anche delle pagine del Trapani Nuova, la cui raccolta per inciso, assieme a quella del mio Lumie di Sicilia, è stata meritoriamente accolta nel sito “Trapani Nostra” di Lorenzo Gigante.
In campo nazionale, dopo lo storico avvento della Repubblica, seguito dalla divisione in blocchi contrapposti delle nazioni che avevano vinto la guerra, ai partiti minori sul piano elettorale restava poco spazio.
Per le strade di Borgo, monellacci forse prezzolati si illudevano di umiliarci gridandosi in facci…a pampina siccau! e noi?...niente ci fa, più buia è la notte, più vicina è l’alba; si volta pagina e si ricomincia, come nella vita di tutti i giorni.
Il PRI onorò per lunghi anni con dignità il suo ruolo di forza laica non disposta a compromessi; è in questi anni che si inserisce il miracolo della Borgo repubblicana che porta a Montecitorio il suo più degno, indimenticabile e indimenticato rappresentante, Nino Montanti.
Quanto allo sconvolgimento dell’assetto politico seguito a Mani  Pulite non posso qui nascondere la profonda amarezza procurata in anni più recenti a noi della vecchia guardia da un atto contro natura, il tradimento della tradizione libertaria e mazziniana perpetrato dal gruppo dirigente del Partito, mortificato e degradato al ruolo di lacchè  del piroettante castellano signore di Arcore, al quale comunque, per inciso, in questi giorni non va negato un segno di umana solidarietà.

Eravamo un gruppo, uno stile e una scuola che per molti di noi è stato terreno di formazione umana e civile, un patrimonio prezioso cui  attingere a piene mani negli anni avvenire, una struggente sequenza di immagini indelebili, che ci rende orgogliosi di poter dichiarare: nel gruppo dei “quattro picciotti” io c’ero!
 Parlare di loro, di questa giovanile consociazione che rimane il patrimonio spirituale più prezioso della nostra vita, è stato oggi - in questa toccante giornata della memoria e degli affetti- il mio modo di esprimere l’affetto e la stima che ci legano ad Alberto che, con Nino Montanti, condivide il ruolo di protagonista di questo nostro piccolo mondo antico: un affettuoso e ammirato omaggio al percorso umano, politico e professionale di uno di quei ragazzi: l’amico Professore Avvocato Alberto Sinatra.


Percorrendo il lungo viale del tramonto, ci capiterà di fermarci un attimo e voltarci indietro: aguzzando la vista indebolita dagli anni, lontano, laggiù, ci sembrerà di scorgere un puntino luminoso: no, non è effetto di senile allucinazione: è la luminosa verde foglia d’edera dei nostri anni verdi!

sento il bisogno di manifestare (vox clamantis in deserto!) tutto lo sdegno e l’amarezza suscitati dalla visione del Cav. Berlusconi concionante, con alle spalle l’antico rosso vessillo con edera che fu del partito libertario di Mazzini, Saffi, Colaianni, Giovanni Conti, Randolfo Pacciardi, Ugo La Malfa, Bruno Visentini e Giovanni Spadolini.

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chi aveva creduto in Lei, on. Sbarbati!
Mario Gallo, repubblicano "storico" dal 1946
-- mario gallo
via cernaia, 3
50129 firenze
055480619
3384005028

"Avvinta come l'edera
E' strano come le elezioni europee abbiano, su alcuni politici, lo stesso effetto del Natale. Man mano che la data si avvicina, diventano più buoni. Mancano più di tre mesi, ed è già partita la gara. Esempio commovente, quello di Luciana Sbarbati. Ricordate? E' quella che mandò al diavolo Giorgio La Malfa accusandolo di "vendere il Pri per chiedere una poltrona a Berlusconi". Quella che accusò il successore di La Malfa, Nucara, di aver "rubato l'edera per metterla nel cassetto di Berlusconi". Guai a nominarle Berlusconi, "oligarca plutocrate" e "dittatore mediatico": "Tra noi e lui c'è un abisso incolmabile" giurava. Ebbene, giusto ieri ha fatto pace con il Pri e con Nucara, "ritrovando nelle comuni origini culturali e politiche validi motivi di convergenza". Nucara è alleato di Berlusconi? Non fa niente: la bontà (e la speranza di un seggio) possono colmare anche gli abissi."
Sebastiano Messina su Repubblica del 2 marzo 2009




foto dei "Quattro picciotti" al Circolo Mazzini di Borgo Annunziata - estate 1953