la nota che segue è stata pubblicata sul settimanale "Trapani Nuova" nei primi anni '70, nel periodo in cui era di gran moda il "libretto rosso" del pensiero di Mao Tse-tung, il dittatore della "Rivoluzione Culturale" cinese
Di recente, il
settimanale TV7 ha mandato in onda una pregevole inchiesta sulle agitazioni in
corso nelle Università di parecchi Paesi,fra cui l'Italia
Ho frequentato
l'Università in tempi ormai lontani( 1946-1950) e il ricordo che me n'è
rimasto e quello
di un giovane di provincia che, due-tre volte l'anno, affrontava un viaggio di
cinque e più ore che, in freddi e sudici vagoni di terza classe (all’inizio
sostituiti da carri bestiame),lo portava da Trapani alla "metropoli
palermitana".
Un affrettato soggiorno
di pochi giorni, il tempo cioè strettamente necessario per sostenere due-tre
esami e rientrare di corsa, prima che si esaurissero i pochi sudatissimi, e
quindi preziosi, biglietti da mille che il suo povero papà, umile dipendente
statale, gli aveva messo in mano con un indimenticabile sguardo che esprimeva
insieme il sacrificio che gli costavano ed il rammarico di non potergliene dare
di più.
In quei pochi giorni non
potevo cogliere che gli aspetti esteriori della vita universitaria, quelli che
ritenevo quasi incivili: lo spillare alla povera matricola il
"cannolo" ed il bicchierino se di sesso maschile, o qualche
"passaggio", più o meno audace, preso su giovinette che spesso lo
accettavano quasi compiaciute per il tangibile riconoscimento della definitiva
acquisizione della condizione completa di donna, raggiunta con l'ingresso nel
tempio universitario.
Quindi, sulla scorta
delle mie esperienze personali, l'identikit dello studente universitario si
compendiava, finora, soltanto in alcuni tratti essenziali che avrei indicato
in: scarsa preparazione con una inversamente proporzionale diabolica abilità
nel 'trattare" coi professori per strappare l'agognato l8, alto spirito
goliardicamente godereccio, completo disinteresse nei confronti di problemi
universitari che non fossero quelli connessi alla laboriosa, diplomatica
e dispendiosa attività tendente ad ottenere dai vari Pica ed Esposito (i poco
disinteressati numi tutelari, i bidelli -per chi non li abbia conosciuti-, della
facoltà di giurisprudenza) il numero di firme attestanti la frequenza, fasulla,di un certo numero di
lezioni, condizione essenziale per poter sostenere i relativi esami.
Mi son quindi sentito
sprofondare, umiliato e vergognoso, nel vedere e sentire, in quel dibattito
televisivo cui in apertura accennavo, affrontare problemi così complessi da
giovani preparati, dal linguaggio così forbito e'"tecnicamente"
ineccepibile da far impallidire d'invidia oratori del rango degli onorevoli
Paietta, Malagodi e Covelli.
Mi chiedevo:ma noi, ai
nostri tempi (neppur tanto lontani), paghi del nostro 18 strappato a quel
mostro sacro che era il chiarissimo
professore che ci aveva esaminato, dovevamo essere proprio dei perfetti deficienti per
non accorgerci neppure dell'esistenza dei problemi del mondo universitario (che
anche allora e forse più di ora per certi aspetti, dovevano essere ben
presenti), dovevamo essere proprio dei pavidi per non intuire che con i
professori si poteva ben instaurare un "dialogo" diverso da quel
mercanteggiare il fantomatico 18!?
Deve essere proprio così, mi dicevo, e me n'ero
quasi convinto.
Era quasi commovente ascoltare giovani così decisi,
preparati, propugnare con tanto calore il rinnovamento dell'Università, che si
deve concretare nella realizzazione di uno strumento moderno, adeguato alle
crescenti necessità di una società industriale fra le prime del mondo, un
organismo sottratto alle esigenze clientelari ed alle mene più o meno disoneste
di determinati gruppi di potere e di pressione.
Sono concetti che tutti condividiamo e che solo il
vergognoso immobilismo e le astute ed interessate strategie di ben individuati
settori della classe politica italiana hanno impedito di attuare:è giusto
quindi che, per primi, di tali problemi si occupino i più diretti interessati e
fra questi,ovviamente, soprattutto e solo quelli che hanno le carte in regola, per
serietà di propositi e perchè pagano di persona con impegno e sacrifici spesso
misconosciuti.
...«Ma quando quello a dir poi venne (e, sia ben
chiaro, "quello" costituisce, pare od è comunque da sperare, una
minoranza) che l'attuale tipo di società vuole giovani più e meglio preparati
per sfruttarli poi ai propri mostruosi fini capitalistici, che bisogna quindi
scardinare dalle fondamenta una tale società e che il mondo universitario deve
costituire il cervello, la centrale operativa di tale nobile crociata
rivoluzionaria che deve culminare nella conquista del paradiso di Mao, "il
sole rosso nel cuore dei rivoluzionari di tutto il mondo", ecco che viene
fuori lo studentello di ventanni fa.
Sì, quello che divideva un mozzicone di sigaretta
con quattro amici, quello che ha potuto conquistare una bicicletta solo a
ventitré anni(dottore già da tre), quello che venera la memoria di suo padre
anche per quei quattro biglietti da mille che costituivano il dono di sè stesso
al figlio che cercava la sua strada nella vita, quello che sognava -e purtroppo
deve ancora soltanto sognare- un mondo in cui il solo astro da adorare sia la
libertà umana, l'umile studentello di ventanni fa non ce la fa più a sopportare
tanta sfacciataggine, tira in disparte il distinto collega di oggi, dal cuore
arrostito al calore de! sole rosso, e osa dargli un consiglio:"Senti, amico,
sbarazzati della Jaguar rossa che hai lasciato ai cancelli dell'Università e realizza
il tuo sogno: vai ad arruolarti con i contadini di Mao!
Che se poi, ad un contatto così diretto, il tuo
povero cuore dovesse addirittura incenerirsi, non ti preoccupare, sei ancora
fortunato: potrai sempre trovare un certo Prof. Barnard pronto a trapiantartene
uno nuovo, magari quello di una guardia rossa.
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