mercoledì 2 gennaio 2013

boia e becchini


Questa mia nota è stata pubblicata sul n. 10 del settimanale "Trapani Nuova" in data 9 marzo 1961.
Il tema e l'enfasi del "linguaggio" sono da riferire al tempo -non lontano dalla "scottatura subita per la guerra fascista- ed allo sdegno suscitatto dai tentativi (oggi peraltro non sopiti) di "rivisitazione" revanscistica che di lì a pochi anni doveva portare al "Boia chi molla!" di Reggio Calabria.  


Un noto settimanale ha re­centemente pubblicato le me­morie di Eichmann. Per chi non lo sapesse, si tratta di un sot­toprodotto della razza umana, dal nulla assurto alla condizio­ne di arbitro della sorte dì mi­lioni di persone, cosa normale in quegli anni facili.
Con un cinismo ed un’in­coscienza che danno un pro­fondo senso di nausea, egli ten­ta, col tono di chi è. consape­vole di essere in perfetta buo­nafede, di dare una giustificazione politica e morale all'azio­ne di «eliminazione» di milio­ni di esseri umani che aveva­no il torto di essere nati ebrei.
Non è proprio il caso di di­lungarsi per condannare o qua­lificare tale azione di «bonifi­ca» che. del resto, sarà presto sottoposta al giudizio inesorabile delle vittime d’un tempo.
A chi fare la predica?
 Alla stragrande maggioran­za che (conformemente, del re­sto, ai principi umani e cristia­ni sui quali è fondata la nostra società} non ha certo bisogno di incitamenti o di particolari dimostrazioni per condannare tutto ciò che sta al di fuori o contro tali princìpi?
Od ai tanti «bell'Antonio» della vita politica italiana, cul­tori della superiorità della raz­za e di altre balte del genere (a!!e quali hanno addirittura tentato di dure una vernice di contenuto filosofico!), gente abituata a manipolare cadaveri, miserabili pazzi per i quali il miraggio delle aquile romane piantate ai confini de! monda valeva bene il sacrificio di cen­tinaia e centinaia di migliaia di italiani mandati allo sbara­glio nelle gelate steppe russe o negli infocati deserti africani'?
Vorremmo solo trarre spun­to per un   fraterno ammoni­mento ai nostri fratelli più gio­vani che, in perfetta buonafe­de, si lasciano abbindolare da questi luridi necrofori (e chie­diamo scusa ai. becchini di pro­fessione, essi non c'entrano) ì quali, con la pernacchiosa so­norità che li distìngue e che ri­chiama alla mente certi stona­ti tromboni da banda paesana, si proclamano i soli depositari degli ideali di patria, tuonano contro   i «traditori», si sciacquano continuamente la bocca con parole che, da tale pulpito, suonano   bestemmia: Italia, italianìtà, dignità nazionale, an­ticomunismo
Hanno dimenticato, anzi fingono di dimenticare, di es­sersi imboscali il 25 luglio 1943, lasciando al suo destino il “du­ce” (loro padreterno in terra), di aver posto la Nazione al ser­vizio di Hitler e dei suoi sicari, di aver provocato morte, fame, miseria morale e mate­riale, prostituzione, distruzioni, lagrime e rovine
Guardatevi le mani, assassi­ni! sono ancora rosse del  sangue  dei nostri padri e dei nostri fratelli che avete   mandato a farsi scannare per appagare il vostro    criminale    istinto di grandezza, sono ancora calde del sangue delle nostre madri, delle nostre sorelle, delle nostre . spose, dei nostri figli morti sot­to i bombardamenti   State in  guardia, non fiatate! cercate di far dimenticare  col  silenzio i vostri delitti! altrimenti i mor­ti si leveranno ancora dalle loro tombe per mostrare i segni delle delle pugnalale che avete loro inferto alle spalle;   i vivi po­tranno  ancora   ricordare. e sarebbe la vostra fine.
Lanciate stare, quindi, i giovani, non sfruttatene la purez­za di ideali per le vostre lordu­re
La Patria si serve in umiltà, onorandola in tutte  le nostre azioni,   rispettando la liberta delle razze “inferiori”. La grandezza di una nazione si misu­ra in termini dì liberta, di consapevolezza, di dignitosa modestia, di realizzazioni nel campo scientifico, artistico e di pen­siero, e non a milioni di baio­nette, per giunta inesistenti!
 Ai nostri giovani fratelli, a  quelli a cui la Nazione ha il di­ritto di guardare come agli eredi  degli universitari di Curtatone e Montanara, possiamo loro ricordare, senza   salire in cattedra, che anche noi, alla lo­ro stessa età, ci siamo venduti per qualche giorno di vacanza e per una divisa che ci faceva sentire  “uomini”   prima del tempo. Ci siamo prostituiti al servizio di quegli stessi lenoni di oggi, i quali andavano came­ratescamente a   braccetto con individui  come   Eichmann, Il quale, dopo sedici anni, ha an­cora tanto fiele in corpo da po­ter affermare; “In verità io dico che, se avessimo ucciso i 10 milioni di ebrei elencati stati­sticamente nel   1933   dagli esperti di Himmler, io affermerei: bene, abbiamo distrutto un nemico».
C’è voluta la tragica esperienza di una guerra perchè a tanto bieco cinismo possiamo oggi opporre una massima di Mazzini nella quale sta rac­chiuso il vero ideale di Patria: “Amo la mia Patria perché amo tutte le Patrie.”



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