martedì 4 dicembre 2012

Firenze – Sicilia : andata e... ritorno




All’anno venturo! cautamente condizionato da uno scaramantico “Si mi cc’attrovi! : questo era stato il congedo dell’estate 2001 dagli amici -“laggiù”-, animatori e partecipi in misura non trascurabile delle vacanze siciliane. (vedi sul blog: "Le  genovesi di Erice")
Quindi, forza e coraggio! Anche quest’ anno il “pezzo” s’ha da scrivere.

Cominciamo dalla coda, dal rientro (inframmezzato da un’interessante sosta “culturale”a Napoli e Caserta, tanto per restare nel Regno delle Due Sicilie!), la nota “triste”, cui fa subito da “aperitivo” una montagna di corrispondenza che, fra tanta insulsa e non richiesta pubblicità, t’inchioda subito alla prosaica cotidianità, a cominciare dal dover “rifare l’orecchio” alla parlata fiorentina (e...non c’è peggior sordo, con quel che segue!).
C’è...ancora il desso!, l’Ente Acquedotti Siciliani, duro di comprendonio pur’esso, a cui rimbeccare per l’ennesima volta (“una questione di principio”!) l’inconsi-stenza di un presunto credito di 54.000 lire (la pretesa originaria era di ben 950.000 lire!)  per presunta “eccedenza” (!) di consumo d’acqua nel 1996(!).
Non poteva mancare l’ineffabile amministratore che, esattamente come lo scorso anno di questi tempi, sollecita il versamento della seconda rata delle spese condominiali, da me saldate -unico fra i condomini- (il solito fesso!) già a fine giugno.
Com’era prevedibile, il Comune di Firenze non si decide, e ti pareva!, a rimborsarmi l’oltre mezzo milione di lire per I.C.I. versata in più negli ultimi tre anni (un errore materiale di incolonnamento delle cifre nel calcolo della detrazione per prima casa): e ben mi stia, manco la mia nipotina di prima elementare sbaglierebbe una sottrazione così... elementare!
Un altro (!) errore a cui rimediare: per il versamento della tassa sui rifiuti solidi, invece del bollettino prestampato per la prima rata ho usato quello della seconda... viene spontaneo sospirare: e ancora ch’emu vistu...!
E c’è da respingere, “così come pervenuto”, il solito vaglia da 50.000 lire che, da vent’anni, puntualmente in agosto, manda quel tizio da San Ciro  per presunta gabella di affitto di un terreno che non mi sono mai sognato di affittargli.
Da respingere anche il pressante invito (“questo è il sesto sollecito”!) ad abbonarsi ad una rivista finanziaria che, non
richiesta, continuano a mandarmi setti-manalmente.
Il frigorifero, di colpo, “gela” e, al solito, il computer fa le bizze -sarà vecchiaia pure la sua?- bloccandosi per presunta “memoria insufficiente” o, per contro, ri-partendo sua sponte dopo averlo spento (pero! inavvertitamente è venuto fuori un anagramma: sponte-spento!).
Come se non bastassero a farti piom-bare nello scoramento il frigorifero ed il computer, anche la stagione fa le bizze e ti tocca accendere, di settembre, ci pensi!, la caldaia del riscaldamento.
Sarebbe il caso di dire: e che vuoi più dalla vita?!
 Per fortuna il ritorno ci offre la contropartita: i nipotini.
Lui (il “patatone” di casa) è arrivato in quarta (di già?!), lei (la sbirra!) è entrata in prima e rivendica pure lei il diritto alla “paghetta” settimanale, rammaricandosi (quasi pretendendo... gli arretrati!) per i tre anni... “perduti” rispetto al fratello (trascurando il fatto che questi è nato, appunto, tre anni prima di lei!).

Ma torniamo alle vacanze siciliane, lunghe (quattro mesi) e appaganti.
Sì, la mia compagna (mia moglie, preci-siamo!) qualche volta, esasperata, voleva scapparsene per il vento che, scirocco o maestrale che fosse, ci ha accompagnato per tutta la  stagione... ma dove vai, come la mettiamo con le alluvioni del Nord?
Per contro, noi “nordisti” abituati a scialacquare, qui abbiamo dovuto trepidare giorno per giorno -senza per fortuna mai arrivare all’irreparabile- per l’inesora-bile calare del livello dell’acqua nella cisterna, in attesa del “fruscio” liberatorio.
E’ vero, l’uva di una volta te la puoi scordare: è scomparsa l’uva Sicilia, ora impera l’uva Italia, ma in compenso vuoi mettere le scorpacciate di fichi? (e poi piagnucoli che la bilancia segna...76!).
Ti lamenti per la circolazione “schizo-frenica” o ti dà fastidio il braccino che penzola fuori dal finestrino delle macchi-ne (braccini ‘nturciunati, languidamente       cascanti, come ci riescono?!), ma son fatti loro, basta farci l’occhio.
Sì, ci sono tante altre cose che non van-no, ma questa è prosa terra terra, effimera. Quel che conta e che resta è la “poesia”, la magia del rito, ogni anno ripetuto ma sempre nuovo, della partenza e dell’arrivo: il ritrovarsi fra gli amici, le strade e lo “scenario” di casa, l’incantarsi all’ incanto dei tramonti di Sicilia, l’illanguidirsi al secco alito dello scirocco o il tonificarsi alla sferzata del maestrale, il “toccar con mano” quello che intorno ti parla di storia e di natura, di giovinezza e di sogni.
In Sicilia non siamo stati sempre fermi, ci siamo mossi: siamo stati nella verde Irlanda,  bella e freddina per la stagione e per il nostro caldo sangue siculo, ma le scorribande ovviamente sono state circoscritte alla Sicilia.
Con gli amici dell’ “Associazione  per la tutela delle tradizioni popolari del Trapanese”, sodalizio molto valido, abbiamo veleggiato, occasione unica per noi, verso Ustica, l’isola “usta”, un paradiso naturale, assaporato avidamente.
C’è la puntata a Menfi, da Piero Carbone (una montagna di cassatelle!), con visita a Sambuca di Sicilia: un gioiellino!
Non potevamo trascurare Siracusa per le rappresentazioni classiche, Le Rane e Prometeo incatenato (oggetto, in altra pagina, delle malinconiche riflessioni del Professor Pagano). Al Bellini di Catania ci siamo incontrati con Sigfrido: fugate tutte le riserve di chi aveva pronosticato - per noi neofiti di Wagner- un serata “pesante”: ...grandioso! A Palermo, due puntate: il balletto Onegin al Massimo e la mostra di Renoir a Palazzo dei Normanni.
Il consueto Luglio Musicale a Trapani, senza infamia e senza lode, ci dà lo spunto per il consueto calcolo del numero spropositato di “turisti portoghesi” accolti al teatro di Villa Margherita. Al teatro di Segesta ci siamo gustate ben quattro commedie di Plauto.
   Dal Teatro di Segesta il passo al “Parco mistico” è breve, letteralmente ad un tiro di schioppo. Trovandoci sul posto, coerenti con la posizione espressa sull’ultimo numero di Lumie di Sicilia (“chi nnicchi nnacchi?!”), ci siamo dati da fare per raccogliere firme di amici e parenti e abbiamo giovanilmente partecipato alla “marcia del No” al vagheggiato Parco (denominato “mistico” -preciseranno poi in un empito di resipiscenza- “per un puro fattore terminologico” ... vattelapèsca cosa mai vorrà dire?!). Ogni traccia di dubbio, se mai ce ne fossero stati, è stata fugata dalla tarda dichiarazione conclusiva dell’assessore regionale ai Beni Culturali: “Segesta non ha bisogno di un turismo religioso. Con Cristaldi (il sindaco di Calatafimi, proponente = n.d.r.), ne  abbiamo  parlato   e  non   ha  più presentato il progetto. Si era innamorato di questa idea...”
   Ah l’ammore che fa  fa’!
   Anche in  città si vaneggia di “asse religioso”, cioè il progetto -poi rientrato- (ma l’idea  era stata lanciata, è questo che  lascia interdetti!) di sbarrare l’accesso ad una strada principale del centro storico con una statua della Madonna! ma che succede?  è un’epidemia! sarà effetto del debordante, per molti versi paganeggian-te, “padrepiismo” (absit etc.)?, mah...!

Anche in questa estate capricciosa non mancano le riunioni conviviali, ma questa sera l’invito è speciale: si va  in campa-gna, dal Professore, ad assistere alla preparazione, e ovviamente alla degustazione... ad libitum, della ricotta!
E qui, fra cotanto senno, mangia che ti mangia, ci sovviene il brano dell’Odissea, nella versione in siciliano di Rosa Gaz-zara Siciliano (un nome, un programma!), dedicato a Polifemo: “Poi subbitu metà d’u jancu latti / cu ogni cura iddu fici quagghiari / e ricugghiutulu cu summa arti, / ‘nta cannistreddi ‘ntrizzati ‘u puggiau / pi faricci sculari bonu ‘u seru. Questa sera, il ruolo di Polifemo è sostenuto da un moderno “curatulu”, che ripete ieratico i passaggi  di un rito ancestrale, attorno al quale, noi ...profani, facciamo circolo curiosi e... interessati.
Poi, satolli e ...abbuturrati, la conversazione, articolata ed animata, com’è come non è, scivola sulla storia (e, soprattutto, sulle “storie).
Qualcuno accenna al tentativo di dissacrazione (lo chiamano “revisionismo storico!) della figura di Garibaldi... altolà, se ci togliete l’Eroe dei Due Mondi, cosa ci lasciate? Bossi e compagni?!
...l’Arabbi rispettu e’ Normanni eranu nuddu... -Ma Birnardu, chi dici? mancu tu mi pari! ma comu, si purtaru l’astronomia, l’agricoltura, l’idraulica, e ‘a matematica unni la metti?
Da Gheddafi, “u scimmiuni”, e la legge islamica, dai “barbari”, che qui si sono succeduti, agli Inglesi il passo è breve(?)... ’nfatti ’ncampagna pi offenniri a unu si rici: cu è  stu ‘ngrisi?!
Il Professore come sempre mi accoglie sì col solito Dux clarus, unus e nostris, ma questa sera non è in forma; lo sosti-tuisce il fratello, medico, il quale (mentre Bernardo butta là: “Quantu ci va ‘na bona vigna ‘un ci va ‘na bona vinnigna!”) coglie al balzo la palla per intrattenerci piacevolmente e dettagliatamente sulla nascita del “Marsala” (quello buono, però, non quello snaturato dall’ottusa specula-zione), nato -per caso- ad opera proprio degli Inglesi che, per evitare ‘u tramazzu durante il lungo trasporto per l’Inghilterra, aggiunsero alcool al vino della campagna marsalese invecchiato in botti di rovere.
Apprezzato professionista, produttore ed esperto di agricoltura, il Dottore è an-che inesauribile “memoria storica” di per-sonaggi e fatti del territorio vitese (vitaloru?), attorno a cui tesse una fitta  ragnatela di aneddoti e di nomi... spalleggiato da Bernardo che, pure lui, in materia non scherza. Cerca d’inserirsi nel loro ping pong un enologo che fa parte della compagnia ma, giovane com’è, fa un po’ di confusione nella ridda dei Totò, Pippinu, Vitu, Iacu, Ciccinu..., non può certo tener testa a quei due assi della tessitura: ... ci pensa Bernardo a metterlo subito in riga.
E si annoda la trama del “ti ricordi di... e di quannu... e di Cicciu, ‘u frati di Rosa ch’era maritata cu Peppi, cucinu di ‘Ntoni...”, mentre la residua ricotta -un mare!- illanguidisce al fresco della sera settembrina.
E se azzardi segni di fastidio per i pungenti raid delle zanzare (qui chiamate “moscerini”)... chi ci voi fari, ci piaci ‘u sangu ruci di viautri continentali!
C’è l’arciprete Perricone ( la sua proprietà si chiamava “Nfernu”: un nome un programma!) che, malvisto da Marco, un malfattore, novello Cesare Borgia (l’arciprete) lo convoca per un brindisi di pace... ma, all’ assaggio dal secondo carratuni della sua cantina, al poveraccio (si fa per dire) ci arrivau ‘na chiummatuna chi lu lassau stecchito... da cui il detto “e chi è ‘u vinu di Marcu”, per dire che uno resta fulminato.
Bernardo annota: puru ‘u generali è cosa nostra (alludendo soltanto, per carità, alla mia origine salemitana per parte di padre), mentre il Dottore, che si trova davanti un miniregistratore incaricato di raccogliere i passaggi salienti della serata, bontà sua mi gratifica di una qualità che non sospettavo di avere (“acuto osservatore”)...ho letto la sintesi dello scorso anno, pregevole, apprezza-bile, ...di tutti sti cosi, raccoglie, poi scrive...
Bernardo ricorda il solito babboccione della compagnia che al Circolo (siamo sempre a Vita) si vede recapitare dagli amici un telegramma del figlio lontano: ...picciotti, a cu pigghiati pi fissa, iddu ‘a calligrafia di me’ figghiu è chista?
Incalza il Dottore: Mastru Nardu, un seguace di Bacco, s’attacca alla manichetta della botte e, paonazzo e con gli occhi fuori dalle orbite, tira quasi fino a scoppiare. Non potevi chiudere  il rubinetrubinetto?...-Sììì! e accussì facia curriri ‘u vinu ‘nterra!
Certu, ora Vita è cambiata...  ne conveniamo pure noi che in quel paese siamo stati solo una volta: non c’è dubbio, la ...vita è cambiata. Dove puoi trovare un personaggio come donn’Andria, ‘u sceccu d’oru, che, dovendo spartire con i parenti l’oro di una grossa eredità, jinchia ‘u munneddu e ci passava ‘a rasula, parti tutte uguali, ma alla fine di oro se ne ritrova più degli altri... come aveva fatto? al fondo del munneddu aveva spalmato del sapone, a cui restavano attaccate delle monete, il surplus della sua parte: sem-plice, no?
E, una ciliegia tira l’altra, appartiene allo stesso personaggio, ricco quanto avaro, la prima macchina vista in città, una Minerva, finita poi nelle mani di un ufficiale del Distretto, involatosi verso altri lidi dopo aver chiesto soltanto di fare...un giro di prova (a Donn’Andrea della macchina rimase solo un cuscino, con cui Bernardo da bambino giocava con i cugini). Il suo “pieno di benzina” è di un litro: forte della conoscenza della chimica  (H2O), pretende che la macchina possa andare ad acqua, contenendo questa un combustibile come l’idrogeno, e si meraviglia perchè il motore si blocca.
E, visto che è la serata dedicata alla ricotta, non poteva mancare la storia di quel tale, spaccone, che non riuscendo a mangiare le due fasceddi di ricotta oggetto di una di quelle scommesse “titaniche” di una volta, cerca di barare riponendo il surplus negli stivali che calzava... il trucco si scopre quando, nella fretta di tagliare la corda, gli stivali schizzano una lunga scia di ricotta.
A proposito di mangiare, si rievoca la diatriba sulla cuccuzza longa: fa beni? no, fa “dibbulizza”!; comunque c’è una prova che taglia la testa... alla cucuzza: mettila addritta e lassala: ‘u viri? cari! si ‘un sapi stari additta idda, com’è chi po’ susteniri un cristianu?!
Ma ci sono gli “amatori”. Un tale ne aveva mangiato tante da procurarsi un blocco intestinale; intervento chirurgico d’urgenza: era abbuttatu di simenza, con l’aspiratore non si finiva mai di tirare fuori semi di zucca!
La serata, un’altra di quelle memorabili, volge al termine. Giunta l’ora di andare, la battuta finale è sempre quella: Emuninni a curcàri, chi... l’ospiti si n’annu a jiri!
Sì, gli ospiti ringraziano, salutano e se ne vanno, appagati e un po’ malinconici...
Nni viremu!
Mario Gallo

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