lunedì 10 dicembre 2012

le "genovesi" di Erice

le "genovesi"

i cannoli: occorrono ...presentazioni?
Antipasti di mare, uovo di tonno, ficazza, cozze, formaggio pecorino, olive nere o olive "scacciati", cuscus (ovviamente di pesce), spaghetti alle vongole, sformati vari, calamari e gamberi, pesce spada, cernia al forno, melanzane in tutte le salse (vere specialità, occasione simpaticamente competitiva per le amiche cuoche), uva 'bionda" di Sicilia (niente a che vedere con l'uva "Italia", purtroppo pur'essa prodotta in Sicilia), genovesi di Erice ("pasticciotti" della vetta ericina,.), torte e dolci di varia specie, cannoli, pezzetti di gelato di caffè, cioccolato, mandorla, "giardinetto" (fragola e limone, un tripudio di colori!), caffè, amaro... e chi più ne ha più ne metta.
Queste, più o meno, le voci che mi vengono in mente dai menu delle "serate siciliane", ormai componente fondamentale delle vacanze, in compagnia di cari amici (amici recenti, ma "buoni"), accompagnata dal pressante e indeclinabile invito ad assaggiare questo e quell'altro: Manciari sinu a essiri abbuturrati, 'unci (satolli, direste... voi del Nord).
Profumo di gelsomino, cielo stellato di Sicilia, il residuo tepore di calde giornate d'estate temperato dalla brezza della sera che sale dal mare; e, fra un boccone e l'altro, racconti e storielle e personaggi del passato, intessuti col filo della nostalgia, una nostalgia "allegra", però, passaporto per un appagante viaggio a ritroso nel tempo per vivere il sogno, la consapevole illusione di un "ritorno" che dura lo spazio, appunto, di una serata.
Si passa dal tradimento del generale Landi del 1860 alla battaglia di oggi del generale Jucci il quale (pensate un po', senza alcun compenso!) si ostina nel donchisciottesco tentativo di mettere ordine nell'erogazione dell'acqua in Sicilia. 
La politica (argomento di divisione) viene soltanto sfiorata; si preferisce far sfilare i personaggi d'un tempo, le figure popolari, le usanze contadine, la credulità dei sempliciotti, s'inseguono e si accavallano ricordi di scuola, si rievocano film strappacore degli anni '50..., si fa dotta filologia sicula,... ognuno porta il suo contributo di fatti e di espressioni; il dialetto, ovviamente, è lo strumento su cui accordare le note di tanti motivetti che dal cuore e dalla mente affiorano alle labbra, ciascuno dei quali dà lo spunto all'amico che ti sta accanto per inserire il suo brano.
Bernardo, inesauribile scrigno di nitidi ricordi e gustose battute, è l'animatore della compagnia, e a lui dobbiamo la maggior parte dei quadretti e dei detti che seguono, debitamente registrati in diretta.
Ci   sono   gli   aneddoti,   più   o   meno   veri, presentati magistralmente come tali.
Per esempio, ci racconta, negli anni Trenta, Umberto di Savoia, principe ereditario, venuto in Sicilia ad ispezionare le truppe impegnate nelle "Grandi Manovre", in un paese siciliano riceve il caloroso omaggio del sindaco (allora "podestà'): -Grazie, Altezza Reale, per averci onorato della Sua presenza e... m'avi a salutari ossa assai 'u papa ' e 'a mama'-.
Sarà vero? che importa, l'importante è ridere! imponendosi di evitare di guardare verso un cielo improvvisamente fattosi corrusco di nubi gravide di terrore e di sangue.
Il periodo fascista e la seconda guerra mondiale hanno una parte di primo piano nelle narrazioni: sono l'atout da giocare per condannare il lassismo di oggi messo a confronto con la spartana concezione e la francescana condizione di vita di allora.
...Al Nord si usava tenere un 'aringa appesa, si alzavano col pezzo di polenta, lo strofinavano sull'aringa per coglierne  l'odore e questo era il companatico...ora ci sunnu omogeneizzati, chiddu l'autru... e' tempi mei, quannnnu unu facia 'nguangua, pi attupparicci 'a ucca ci si rava un cavatuni, poi putìa puru capitari dijiri di corsa all'ospedale appena in tempo per salvarlo da morte per asfissia, autri tempi, a cavatuna e corpu d'angati quannu un vulia manciari,,,, ora., 'ufigghiu meu e chi avi e chiamamu 'u dutturi, 'un ce 'è cchiù riliggioni.
... Fineru i tempi di Vincenzu quann'era giovani -aggiunge l'amico medico della compagnia (altro personaggio depositario di un ricco bagaglio di conoscenze professionali, contadine e umane) ... e chi appi, nenti un passaggiu 'i sangui era 'u corpu r'àcitu, un infartu, un corpu r'acìtu picchi' cci vinia 'u ruluri ccà 'na 'ucca stommacu
E Bernardo, pronto, introduce la sua: Ti ricordi 'u dutturi (segue nome e cognome) ... quannu 'ncuntrau a Bernardu du zu ' Vitu, chi era bbonu: -fammi a viriri a lingua, uhmm... 'un mi piaci-... potti essiri 'un casu, ma quannu arrivau 'ncasa a Birnardu cci vinni a frevi!
cuscusu
Intanto, mentre la mafaradda colma di cuscus è stata accuratamente ripulita e nelle vene scorre il caldo fiato del generoso vino di Sicilia, fanno capolino le storielle "personalizzate".
Uno dei bersagli più "martogliani" dell'epoca è (siamo nell'era fascista) la moglie del podestà, donna del popolo assurta a dignità di prima signora della città, la quale durante un ricevimento ufficiale, coinvolta in convenevoli con la moglie del prefetto, se ne esce con un "signora, passi lei, eh 'è una donna pubblica”.
La stessa signora, nella stessa occasione, invitata a ballare da un giovane ufficiale di Marina è costretta a rifiutare: -Mi scusassi, 'unn 'è pi ' cosa, ma aiu i cosci scuarati-
E, sempre lei... Alla firma di un atto, il notaio, rilevata un'imperfezione formale, si affretta a tranquillizzarla: "Non si preoccupi, ci mettiamo una postilla". -Gran vastasu, -sbotta lei-comu si permetti, 'a postilla ci l'avi a mettiri a so ' soru... !
Il passo al periodo bellico è breve.
Durante la guerra, - è sempre Bernardo a raccontare- una nonna si offre generosamente di sostituire la nipote per salvarla dalle pesanti e incalzanti attenzioni di un soldato tedesco piuttosto alticcio. Al netto rifiuto della nipote, la vecchina prorompe : - Tu statti zitta, ca 'verrà è verrà ....!-
Sempre durante la guerra, e sempre nel racconto di Bernardo: dalla chiesa dei salesiani, a Trapani ovviamente, usciva la signorina S..., una bruttezza da non potersi guardare. Sopraggiunge un camion di tedeschi, uno dei quali scende, ghermisce la malcapitata signorina e la scaraventa sul cassone, con intenzioni di natura evidente fin troppo. Alla verifica della... merce, però, la nostra signorina viene buttata fuori con altrettanta celerità. Pare che in famiglia le altre donne non fossero da meno in fatto di disavvenenza: .. "tutti tuccati di faticommenta Bernardo.
frittura di calamari e gamberi
Nel frattempo, calamari e gamberi -accoppiata classica- arpionati con crapulosi uhmmm! hanno fatto la fine del cuscus. Rosa ci riporta all'attualità con la cronaca della visita in ospeda­le ad una comune amica, vittima di una frattura al femore.
- Coraggio, ormai l'operazione è fatta, il peggio è passato, fra qualche giorno cominci a camminare, e te ne torni a casa...
- Sìììì... il peggio è passatu, quannu mai! -interviene un'altra amica, venuta per la visita "di dovere"- 'na me ' parenti quannu sciu du ‘spitali cariu arre' e si ruppi n 'autra vota....poi, matri mia, quanti cumplicazioni, prima chi caminau, matri 'i cosi chi cci capitarti...
Caso che fa ricordare al nostro amico quello del soldato che scrive alla famiglia comunicando che il cavallo del colonnello si era azzoppato...e cosi' spero di tutti voi...!
Le superstizioni e un certo fideismo popolare sempre vivo non possono non trovare spazio in un'occasione aperta al tagghia e cusi; e Bernardo, spirito "laico", non si fa pregare presentandoci la solita popolana: Poi cetti scuminicati 'un cririnu e' santi...Patri Piu mi fici 'u mmiraclu, mmiraculata sugnu: signura mia, stavia carennu, 'nvucai Patri Piu meu e mi fici 'u mmiraculu, masinno' caria e mi rumpia quacchi 'amma
E, cogliendo fior da fiore, una botta al prete non può mancare. E così "lui" ricorda che a mezzogiorno entrando in una certa chiesa non si sentiva odore d'incenso, quannu mai! c 'era profumo di broru, chi priparava 'a signura Rosa... 'a signura Rosa era, come dire, la governante, la perpetuarsi perpetua nel senso chi 'unn'a canciava mai...! assa' binirica, patri G., m'ava a salutari assa assai 'a so ' signura....
E sempre citando dalla letteratura popolare: Un chiovu chiantatu no' castagnu e 'nsordu pristatu a 'nparrinu 'un s'ascippa cchiu '
-Spiecacci o' generali chi beni a diri "niputi corpu di cuti " 'unnu sapi, o' generali si cci parli di resistenza e fughi... affettuosamente sfotticchia Bernardo, che ne ha per tutti..
Mangia tu che mangio io, una novella signora si preoccupa per il marito, uno dei più... impegnati. E allora viene fuori quella di San Pietro il quale, per disciplinare l'ingresso delle anime in Paradiso, le divide in due settori: da una parte i mariti che furono dominati dalle mogli e dall'altra gli "indipendenti". Tornato poco dopo, riscontra una fila enorme al primo ingresso, mentre al secondo attende solo un individuo. -E tu che ci fai qua?- " Veramente mu ' rissi me mogghi
Dux clarus, unus e nostris, mi gratifica il vecchio professore, "leopardiano" (contro la moda) e "greco" (ospitale) che lucullianamente (precisiamo che il professore è un latinista di chiara fama) ci ospita, noi summi et intimi, in una serata "campagnola" fra il frinire delle cicale e i... raid delle zanzare! Il piatto principe è la pecora "rinisca" che, viene chiarito per i profani, è la pecora sterile, l'equivalente della "inizza" (giovenca). Occasione propizia per favoleggiare di "mangiate" epiche, una successione di piatti interrotta da un sorbetto speciale: una manciata di olive o una testa di "accia" (sedano).
Per mettere in difficoltà un altro professore, siciliano ma con poca dimestichezza con i termini contadini, qualcuno evoca un "ammuneddu" (cosciotto), altri vuole qualcosa di "saliatu".
Nell'attesa di altre portate calde, do il mio contributo ricordando un gustoso episodio riguardante un senatore cittadino, parco di parole quanto di fatti. Durante una premiazione dei vincitori di un torneo di bocce, lo speaker annunzia:-Consegna il premio il senatore P. - Dal fondo della sala, nel silenzio generale, una voce tuona: -Iddu vivu è!!!-
Durante un altro intervallo, un aneddoto con un gioco di parole basato sul paese di Vita, in provincia di Trapani. Gaetano incontra un amico che, come va come non va, gli chiede notizie del padre. -Sta bene, il mese scorso si è risposato 
-Auguri! E con chi?-  -Con una donna di Vita-
-Nenti, 'un ti pigghiari collira, chi 'mportanza avi, abbasta chi si comporta bbeni d'ora 'nnavantil-
Supra 'a ricotta vivicci a la botta, -incalza intanto Bernardo, mentre ti ficca in bocca un gigantesco cannolo siciliano.
Ma non è finita. Dopo aver spiegato che "rumaneddu", quando ancora i collantas erano in mente Dei, era la cordellina a cui, all'emergenza, si ricorreva per legare le calze cascanti delle donne, si riattacca con i "personaggi" del passato.
Tocca ora quei tali inventori tuttofare, i fratelli F. e Ciccio T., ignominiosamente buttati fuori dal Ministro dell'Agricoltura ai tempi del fascismo, dal quale per vie traverse erano riusciti a farsi ricevere: ...Eccellenza, vede tutti i libri che ha alle spalle, li butti via perché non sanno niente, noi abbiamo scoperto il sistema per non fare "allupare " le fave (la " lupa" delle fave - spiega il nostro interlocutore- e' l’orobanche, un fungo che si mangia la pianta). Non contenti di ciò, per brevettare la loro invenzione, comprarono delle fave e le trattarono con questo procedimento per poi affidarle al notaio T., vecchio marpione, il quale li siminau, arricugghiu 'u raccoltu,... picciotti mei, i favi si ficiru tinti...
Lo stesso notaio che induce i coeredi di un sostanzioso patrimonio a rinunziare ai "beni mobili" facendogli credere che si trattava di vecchie masserizie di nessun conto.
Non possono mancare i ricordi scolastici, quelli legati alla giovinezza.
l'atrio del Liceo Classico Ximenes 
Liceo classico di Trapani: arriva un professore di greco e latino, "nordico", un'autorità nel suo campo, il quale tiene dotte dissertazioni sul mondo della classicità. Il solito Pierino, ...urtato da tanto sapere, se ne esce con questa domanda: -Professore che ne pensa del critico Tatao"? (noto personaggio trapanese dell'800, popolare per il fatto della sua inesistenza, sinonimo di nessuno, di persona di poco conto = n.d.r.). 
-Ohibò (come era solito intercalare il professore), Tatao? chi era costui?
Tutti gli alunni: -Come, non sa chi era Tatao?!
-Ragazzi, io questo Tatao... mi documenterò...
Iddu, mischìnu, sinni va in biblioteca, ma cerca e cerca, unn'era 'stu Tatao?
Sconfortato e amareggiato, presenta subito le sue dimissioni al Preside: -Non sono degno di insegnare in questo istituto- e spiega il fatto.
-Non si dia pensiero, vada tranquillamente in classe e mi faccia venire chi le ha chiesto di Tatao.
-Gran figghiu di bu... ti fazzu a biriri Tatau e giù un ceffone da levare il pelo...
Naturalmente non era ancora stato introdotto lo statuto dello studente, conclude di soppiatto Bernardo.

Il nastro è finito, così pure l'estate. All'anno venturo!- ci salutiamo con trasporto.
Si torna a casa, l'altra casa, si riordinano cose e idee.
Si srotola il nastro (confuso fra le borsine dei capperi e delle lenticchie di Pantelleria) per assaporare ancora sensazioni, sapori e affetti.
All'anno venturo!
Si mi cc'attrovi! - mettiamo per scaramanzia le mani avanti.
 (2001)

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