venerdì 7 dicembre 2012

Sicilia: sui sentieri del tempo


Cardiddu ca vai libera e felici,
a la me patria va', tu sai la via;
la me casa salutami e l'amici,
te' cca sta Ultra pri la mairi mia.
Si ti spìa di sofìgghiu, ci lu dici
ca sempri chianciu e pena, amaru mia!
ca su' luntanu di lu me paisi,
accussì vosi la sfortuna mia.
                            (Canti popolari siciliani)

Dicono che in certe giornate magiche, non segnate sui calendari, sul far della sera Venere Ericina sia solita aprire le porte del suo Santuario ("/« cima dell'evicino giogo il gran delubro") ai viandanti che ancora oggi salgono al Monte per sacrificare alla Dea:
A te, Dea, offrirò fiori selvatici 
di questa nostra montagna
arrampicandomi per tutto il giono sul colle 
mentre tira un vento che fluttua nei capelli  
gioisco con gli occhi lacrimanti 
come in un mare si mescolano 
i colori ai colori del mio cuore 
allungo le mani giù all'erica 
e tocco il cielo 
(Nat Scammacca)


Dopo aver liberato le sacre bianche colombe che voleranno al mare, alla Torre della Colombaia, apre le porte del Tempio la Dea, a mostrare un acquerello vecchio di millenni e millenni che Febo, suo fratello, nel suo tuffarsi nelle acque del mare di Sicilia, dipinge a strisce rosso-fuoco e cobalto sulla volta del cielo, là dove questa si congiunge all'orizzonte. E mentre gli ospiti fanno corona alla Dea in attesa di ricevere la Luna che più tardi planerà sul sagrato, giù Favignana Levanzo e Marettimo civettuole si mirano nello specchio delle saline della costa chiedendogli chi è la più bella del reame delle Egadi; e Monte Cofano, una lama piantata nel mare, solitario e sdegnoso, non si stanca di dialogare col Dio Nettuno mostrandogli la tavolozza dei suoi cangianti colori. Poco più in là, altri dei ricevono sacrifici sull'ara del Tempio di Segesta, l'orecchio  attento alle declamazioni dei comici che si esibiscono sulla scena del sovrastante teatro, cui fanno da fondale il cielo, i colli e il mare:
qui dove forse disperato in fuga
dal cielo solitario un dio infelice
fermò il suo passo
ora giunge il mio tempo...
                                   (Piero Longo)

oppure si attardano in elevati conversari passeggiando fra le colossali colonne dei Templi Selinuntini; nella punica Mozia, intanto, un giovane, tornato in patria or non è guari da un lungo viaggio, affida al marmo le sue armoniose membra rivestite di una lieve tunica.
Potrebbe cominciare qui, da questa terrazza affacciata sulle nuvole del tempo, il nostro itinerare in terra di Sicilia sui sentieri del tempo.
Ma potremmo anche spostarci sulle desolate balze lunari del Mongibello, dalle cui ribollenti viscere il dio Vulcano, sputando fuoco, ogni dì saluta il riemergere del Sole, mentre Polifemo, orribil mostro furente, avventa sul beffardo Ulisse crollate cime di monti, ora neri picchi riemergenti nel sottostante mare. 
A valle, il pastore Aci rivive la sua struggente storia d'amore con la ninfa Galatea, vagando fra lussureggianti profumati giardini punteggiati di lava e di lampi di luce.
Appena più in là, ''l'ansito profondo udiam del mare fra i ripercossi scogli e dei marosi che corrono e s'infrangono sul lido": è Cariddi, scoglio-mostro-vortice, presso cui sta la Sirena, crudele ammaliatrice:
'cu passa cu lu cantu si lu tira;
ccipigghia la varcuzza cu la vela,
li seppellisci 'nfunnu 'nta la rina;
e cu cci 'ngagghia, forti si lu teni
cu li canti chi fa sira e matina
                      (Salomone Marino: Canti)

Cariddi, porta della Sicilia - dimensione d'anima, dove, con Stefano D'Arrigo
"...si muore 
d'improvvisa  dolcezza domestica,  
se la sfoglia d'un grido sullo Stretto 
si leva a voce di sirena
e chiama il nostro Nome all' incanto"
Da un altro "belvedere", umbelicus Siciliae, librato nel cielo dell'Isola del Sole, quello su cui sarà eretto il  possente Castello di Lombardia, " i l teatro più vicino alle stelle", si sentono alte le strida di Proserpina, la siciliana vergine ghermita dal nero dio degli Inferni mentre giuliva se ne va lungo il lago Pergo, dove - rabbonita- tornerà ogni anno a cogliere fiori:
... tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera
                              (Dante: Purgatorio)


Da un altro prestigioso palcoscenico declama Pirandello:
Una notte di giugno
caddi come una lucciola
sotto un pino solitario
in una campagna
d'ulivi saraceni
affacciata agli orti
d'un altopiano
sul mare africano
E' Akragas, Girgenti, "la più bella dei mortali", là dove Demetra, Giunone Lacinia, Ercole, Giove Olimpico, i
Dioscuri, Vulcano, le Divinità Ctonie, attorno alla serena maestà del Tempio della Concordia, hanno le loro fastose dimore, innalzate al cielo da mortali che costruiscono come se dovessero campare mill'anni.
E il Monte Pellegrino, " i l più bel promontorio del mondo", sacrario di uno dei culti popolari più profondamente radicati, ai cui piedi si custodiscono le testimonianze, le più prestigiose e le più dolorose insieme, della storia di Sicilia...!
E i tanti altri osservatori sparsi qua e là sui monti, da cui scendere per scoscesi sentieri, fra stretti valloni ed aperti pendii, in vista dell'azzurro di quel mare solcato nei secoli dai vascelli di tutte le genti mediterranee, o lungo petraie ardenti, "groppe sopra groppe" fuori dal tempo, fra macchie di fichidindia ("unni cc'è ficurinnia, cc'è cristiani") e filari di maestosi eucalipti, respirando balsamici effluvi di timo, di rosmarino, di alloro, di
gelsomino, di zagara, negli occhi i colori sanguigni dell'ibisco e della buganville, incontrando santuari e castelli e paesi scolpiti, appollaiati, su picchi solitari sciabolati da lame di luce abbacinante, sfiorando vecchi "bagli" abbandonati - testimoni di sudore e di vita - e dirute  chiesette, cogliendo lontano risonare di campanacci ed ammalianti echi di nenie struggenti affidate al vento.
Sotto il dardeggiare del sole o sferzati dal gelido soffio della tramontana, scenderemo nel presente a cercare il passato, a scoprire le vestigia di una umana vicenda millenaria, profuse a piene mani: da quelle più remote eternate nelle Necropoli di Pantalica, Cassibile e Ispica, in cui stentarono, gioirono, amarono, vissero e furono
sepolti nostri lontani progenitori, ai resti dei templi, delle arene, delle case, delle strade, delle mura di Segesta, di
Selinunte, di Mozia, di Eraclea Minoa, di Agrigento, di Gela, di Camarina, di Piazza Armerina, di Palazzolo Acreide, di Morgantina, di Siracusa, di Megara Iblea, di Centuripe, di Naxos, di Tindari, di Solunto.
Cercheremo e troveremo il passato a Palermo e Monreale, a Bagheria e Piana degli Albanesi, a Cefalù e Scopello, a Trapani ed Erice, a Caltabellotta e Cattolica Eraclea, a Sciacca e Agrigento, ad Enna e Piazza Armerina, a Caltagirone e Noto, a Ragusa e Modica, a Siracusa e Palazzolo Acreide, a Catania e Acireale,
a Taormina e Messina, alle Egadi e Pantelleria, alle Pelagie ed Eolie; in cento e cento paesi, borghi e città, siciliani e "forestieri" visiteremo stupiti chiese e musei, ammireremo palazzi e monumenti e torri e giardini e mura, c'incanteremo alla vista di un infocato tramonto o di un suggestivo panorama, ci aggireremo curiosi
per strade e vicoli, non sapremo resistere alle mille tentazioni di una gastronomia ricca e antica, non mancheremo agli appuntamenti con le più popolari manifestazioni religiose e folcloristiche: Santa Rosalia a Palermo, Sant'Agata a Catania, i Giganti a Messina, i Misteri a Trapani e Caltanissetta, San Giacomo e
la Scala Illuminata a Caltagirone, le centinaia di feste patronali così intensamente "vissute" in ogni paese di Sicilia.
Scenderemo nel presente per cercare il passato, per lastricare questi percorsi - tutti convergenti sul crocevia delle tante civiltà che qui sono fiorite rigogliose - con le tessere della nostra identità, del nostro modo di essere, delle nostre tradizioni più genuine, della nostra operosità, della nostra dignità, del nostro anelito di rinascita, estirpando cammin facendo le erbacce velenose che hanno finito per avviluppare e soffocare le radici e i germogli dell'antica quercia.
Sicilia: itinerari di poesia e speranza.



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