venerdì 7 dicembre 2012

FARI SICILIA


Recentemente ho ripreso fra le mani gli "Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano", una delle innumerevoli pubblicazioni di Giuseppe Pitrè, lodevolmente riscoperte e raccolte nella "Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane".
Nella mezzoretta dedicata alla lettura serale, prima di prender sonno, mi centellino questo incredibile ed inesauribile cocktail di tradi­zioni, di detti, di superstizioni, di riti, di usanze, di mille pariate di un unico dialetto,un mondo fiabesco, un caleidoscopio di colori e di immagini che appartengono si al passato ma nel quale puoi ancora ritrovare antiche radici, una ventata di freschezza, l'eco di sussurri familiari, una ninna-nanna dell'infanzia, un gioco di "ragazzi di strada" al quale hai assistito partecipe o del quale sei stato trepido |protagonista, una festa popolare lungamente attesa e carezzata, racco­mandazioni e proibizioni, sentenze e ricette, dettate da arcani codici non scritti, canoni evangelici accettati con riverente condiscendenza, da tramandare a figli e nipoti, il patrimonio di vita, semplice, primitiva, genuina, di generazioni e generazioni, ora travolto e disperso dall'incalzare impetuoso del "progresso", che ne dissemina i frammenti nei ricordi sempre più sfumati degli ultimi superstiti o ne affida le tracce al paziente ed amorevole lavoro di scrittori come il Pitrè,che in quel mondo kaouia sono vissuti da testimoni oculari.
L'altra sera,fra le pagine dedicate agli usi e credenze dei "fanciulli", mi capita di leggere:"Non ultima fra le capestrerie dei fanciulli(cape­streria : "azione da scapestrato,degna del capestro! Itn.d.r.) è quella di Fari Sicilia, cioè di non andare, di nascosto ai parenti, a scuola, per isbirbarsela qua e là,a solo o coi compagni."
(Questi» "isbirbarsela" non figura sui dizionari di oggi, ma è facile arguire che la sua radice è "birba",cioè persona scaltra e malvagia, mascalzone o anche, come nel caso nostro, ragazzo scioperato che non ha voglia di fare niente).
Fari Sicilia! una di quelle impagabili espressioni sepolte nei mille vicoletti della memoria,mai riaffiorata nelle lunghe chiacchierate fra amici cui capià-ta spesso di abbandonarsi,un gioco gioioso e commosso ad un tempo,alla riscoperta,una tira l'altra,di espressioni ormai desuete per chi tutti i giorni è "costretto" ad usare la lingua.„.stra­niera.
Fari Sicilia,non andare a scuola e isbirbarsela qua e là. Isbirbarsela,dove!? ma qua e là!
Alla Marina, a ciondolare immersi nel tepore del sole di primavera sogguardando in tralice la vecchia torre della Colombaia, mentre un pescatore dal volto scolpito dal tempo ripara amorevolmente le sue reti stese sulla banchina, a respirare la lieve brezza marina che ti carezza la pelle e ti inonda i polmoni mentre il calafato, il dio Vulcano, si brucia le mani e gli occhi rappezzando, con una nera fumante colata, vecchi schifazzi odoranti di sentina e di sale, impazienti di riprendere il mare.
Fari Sicilia e isbirbarsela lungo le mura di Tramontana, giù giù fino alla Torre di Ligny (non ancora assurta a scenario televisivo di mortali raffiche di mitra sventagliate da cosche droghiste degli anni ottanta), dove  il mare si rompe in mille e mille spruzzi festosi e spumeggianti, e immergersi in esso in un bagno fuori stagione, con o senza mutandine tanto nessuno ti vede o ti sta a badare.

Fari Sicilia e isbirbarsela alla Villa Margherita, incantato davanti all'immensa vasca,a viaggiare leggero e guizzante in una impari gara coi tanti pesciolini rossi risaliti in superficie, allettati dalle innumerevoli esche sbriciolate in segno di muta amicizia. 
Fari Sicilia e isbirbarsela in luoghi nascosta (ma dove li trovi?) con una ragazzina (sogno da tutti vagheggiato ma da   pochi realizzato), alla quale estorcere un timido bacio maldestro, facendo balenare -se soccorre- il miraggio di un legame meno effimero di quell'incontro di un'ora, pagato poi a suon di pesanti ceffoni, somministrati da un severo geni­tore che ti deve rilasciare "la giustificazione", il "passaporto del rientro a scuola.
Fari Sicilia, per isbirbarsela da Tallarita, fucina di: maestri della carambola, che affidano i loro sogni al guizzante viaggiare di tre pal­line colorate, che s'incrociano e s'incontrano in un inestricabile fascio di rotte sempre nuove, senza fine.
Fari Sicilia e isbirbarsela qua e là,in attesa ed alla ricerca della vita, quella "vera", ma quando arriva !? le guerre puniche, Cicerone, Aristofane, Platone la consecutio temporum, la coniugazione perifrastica passiva, il teorema di Pitagora, la mistica fascista,1'ora di religione: tanti volti incartapecoriti di esseri senza vita che pretendono d'insegnarti la vita, mentre fuori c'è il sole della Marina, la sferzata della tramontana, il pesciolino rosso, l'amico della vasca, la ragazzina dagli occhioni neri, il lontano orizzonte oltre il quale errabonda viaggia già la navicella pirata della giovinezza che corre all'arrembaggio della vita.
Fari Sicilia! che vorrà poi dire!? come sarà mai nata questo primo e mai più ripetuto atto di rivolta lanciato col coraggio e la fierezza della giovinezza!?
Consulto inutilmente a destra e a manca dizionari ed amici. Solo in un vocabolario siciliano trovo uno spunto d'interpretazione: "Pari Sicilia: 1) non andare una o più volte alla scuola, o al lavoro,sbirbandosela;  2) per non intervenire in luogo ove sia solito farsi vedere, o altrimenti si sia promesso e pattuito di andare". 
In definitiva, fari Sicilia è sinonimo di latitanza, di assenteismo! 
E perchè tirare in balle la Sicilia, protesterà irato Nat Scammacca, e non ad esempio la Lombardia o la Toscana!?
Una ragione deve pur esserci, ma dovremmo chiederlo ai nostri avi, caro Nat, visto che l'espressione non è nata in "Continente".
Ma, se ci pensiamo appena un po',la spiegazione è chiara, no!?
Basta "pensarci", appena un po': non è più tempo di ...sbirbate.
                                                                                                                                  mario da verona  1984
                                                                                                                                 su "Trapani Nuova" 


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