Recentemente ho ripreso fra le mani gli "Usi e costumi, credenze e pregiudizi del
popolo siciliano", una delle innumerevoli pubblicazioni di Giuseppe Pitrè, lodevolmente
riscoperte e raccolte nella "Biblioteca delle tradizioni popolari
siciliane".
Nella
mezzoretta dedicata alla lettura serale, prima di prender sonno, mi centellino
questo incredibile ed inesauribile cocktail di tradizioni, di detti, di
superstizioni, di riti, di usanze, di mille pariate di un unico dialetto,un mondo
fiabesco, un caleidoscopio di colori e di immagini che appartengono si al passato ma nel quale
puoi ancora ritrovare antiche radici, una ventata di freschezza, l'eco di
sussurri familiari, una ninna-nanna dell'infanzia, un gioco di "ragazzi di
strada" al quale hai assistito partecipe o del quale sei stato trepido
|protagonista, una festa popolare lungamente attesa e carezzata, raccomandazioni
e proibizioni, sentenze e ricette, dettate da arcani codici non scritti, canoni
evangelici accettati con riverente condiscendenza, da tramandare a figli e nipoti, il patrimonio
di vita, semplice, primitiva, genuina, di generazioni e generazioni, ora travolto e
disperso dall'incalzare impetuoso del "progresso", che ne
dissemina i frammenti nei ricordi sempre più sfumati degli ultimi superstiti o
ne affida le tracce al paziente ed amorevole lavoro di scrittori come il
Pitrè,che in quel mondo kaouia sono vissuti da testimoni oculari.
L'altra
sera,fra le pagine dedicate agli usi e credenze dei "fanciulli", mi
capita di leggere:"Non ultima fra le capestrerie dei fanciulli(capestreria
: "azione da scapestrato,degna del capestro! Itn.d.r.) è quella di Fari
Sicilia, cioè di non andare, di nascosto ai parenti, a scuola, per isbirbarsela qua
e là,a solo o coi compagni."
(Questi»
"isbirbarsela" non figura sui dizionari di oggi, ma è facile arguire che la sua
radice è "birba",cioè persona scaltra e
malvagia, mascalzone o anche, come nel caso
nostro, ragazzo scioperato che non ha voglia di fare niente).
Fari
Sicilia! una di quelle impagabili espressioni sepolte nei mille vicoletti della
memoria,mai riaffiorata nelle lunghe chiacchierate fra amici cui capià-ta
spesso di abbandonarsi,un gioco gioioso e commosso ad un tempo,alla riscoperta,una tira l'altra,di
espressioni ormai desuete per chi tutti i giorni è "costretto" ad
usare la lingua.„.straniera.
Fari Sicilia,non andare a scuola e isbirbarsela qua e là. Isbirbarsela,dove!? ma qua e là!
Alla
Marina, a ciondolare immersi nel tepore del sole di primavera sogguardando in
tralice la vecchia torre della Colombaia, mentre un pescatore dal volto scolpito
dal tempo ripara amorevolmente le sue reti stese sulla banchina, a respirare la lieve brezza
marina che ti carezza la pelle e ti inonda i polmoni mentre il calafato, il dio Vulcano, si
brucia le mani e gli
occhi rappezzando, con una nera fumante colata, vecchi schifazzi odoranti di
sentina e di
sale, impazienti di riprendere il mare.
Fari
Sicilia e isbirbarsela
lungo le mura di Tramontana, giù giù fino alla Torre di Ligny (non ancora assurta
a scenario televisivo di mortali raffiche di mitra sventagliate da cosche droghiste
degli anni ottanta), dove il mare si
rompe in mille e mille
spruzzi festosi e spumeggianti, e immergersi in esso in un bagno fuori stagione, con o senza mutandine tanto nessuno ti vede o ti sta a badare.
Fari Sicilia e isbirbarsela alla Villa Margherita, incantato davanti
all'immensa vasca,a viaggiare leggero e guizzante in una impari gara coi tanti
pesciolini rossi risaliti in superficie, allettati dalle innumerevoli esche
sbriciolate in segno di muta amicizia.
Fari Sicilia e isbirbarsela in luoghi
nascosta (ma dove li trovi?) con una ragazzina (sogno da tutti vagheggiato ma da pochi realizzato), alla quale estorcere un
timido bacio maldestro, facendo balenare -se soccorre- il miraggio di un legame
meno effimero di quell'incontro di un'ora, pagato poi a suon di pesanti
ceffoni, somministrati da un severo genitore che ti deve rilasciare "la giustificazione", il
"passaporto del rientro a scuola.
Fari Sicilia, per isbirbarsela da Tallarita, fucina di:
maestri della carambola, che affidano i loro sogni al guizzante viaggiare di tre
palline colorate, che s'incrociano e s'incontrano in un inestricabile fascio di
rotte sempre nuove, senza fine.
Fari Sicilia e isbirbarsela qua e là,in attesa ed alla ricerca della
vita, quella "vera", ma quando arriva !? le guerre puniche, Cicerone,
Aristofane, Platone la consecutio temporum, la coniugazione perifrastica passiva, il
teorema di Pitagora, la mistica fascista,1'ora di religione: tanti volti
incartapecoriti di esseri senza vita che pretendono d'insegnarti la
vita, mentre fuori c'è il sole della Marina, la sferzata della tramontana, il
pesciolino rosso, l'amico della vasca, la ragazzina dagli occhioni neri, il
lontano orizzonte oltre il quale errabonda viaggia già la navicella pirata
della giovinezza che corre all'arrembaggio della vita.
Fari Sicilia! che vorrà poi dire!? come sarà mai nata questo primo e mai
più ripetuto atto di rivolta lanciato col coraggio e la fierezza della
giovinezza!?
Consulto inutilmente a destra e a manca dizionari ed amici. Solo in un
vocabolario siciliano trovo uno spunto d'interpretazione: "Pari Sicilia:
1) non andare una o più volte alla scuola, o al lavoro,sbirbandosela; 2) per
non intervenire in luogo ove sia solito farsi vedere, o altrimenti si sia
promesso e pattuito di andare".
In definitiva, fari Sicilia è sinonimo di
latitanza, di assenteismo!
E perchè tirare in balle la Sicilia , protesterà irato Nat
Scammacca, e non ad esempio la
Lombardia o la
Toscana !?
Una ragione deve pur esserci, ma dovremmo chiederlo ai nostri avi, caro Nat, visto che l'espressione non è nata in "Continente".
Ma, se ci pensiamo appena un po',la spiegazione è chiara, no!?
Basta "pensarci", appena un po': non è più tempo di ...sbirbate.
mario da verona 1984
su "Trapani Nuova"
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