E facciamo una breve cronistoria
dei “vespi siciliani”!
Il genere sarebbe il satirico,
quello cioè che ridendo castigat mores. Ma, nel nostro caso, il ridere è tutto
da dimostrare; per il resto della massima, essendo l’autore -quanto a costumi-
notoriamente castigato, ne consegue che (i latinisti ci vorranno condonare la
forzatura grammaticale) castigatus non potest castigare. Questi asterischi si
propongono quindi solo come pinzature veloci, frizzi, espressi sul gioco o sul filo
delle assonanze, della storpiatura di parole e detti, quelli che alla francese
vengono definiti calembour: un comodo rifugio per
coloro che, preoccupati a loro
dire del potenziale lapidatorio delle parole, le usano con parsimonia, in
verità per mascherare l’inconfessata tirchieria della favella, cavandosela a
buon mercato con sentenziosi “mottozzi”, in linea col “provando e riprovando”
adottato dall’Accademia del Cimento.
Nel corso degli anni, le
battutine (pubblicate settimanalmente su un settimanale siciliano), più o meno
riuscite e più o meno apprezzate, balenate durante le abluzioni del mattino,
provocate dall’ascolto di uno slogan pubblicitario radiotelevisivo, propiziate
da una trasognata passeggiata per le strade di Firenze, o colte al volo e fatte
proprie alla Pescheria o al Lido di San Giuliano nelle annuali escursioni nei
patrii lidi, si sono
ammonticchiate, alla
rinfusa, fino a diventare parecchie
centinaia.
Questo guazzabuglio di
“asterischi” riguardanti temi diversi imponeva ad un certo punto un minimo
riordino per capitoli: una faticaccia affrontata ben volentieri nelle lunghe
giornate di ozio che deliziano o affliggono la maggior parte dei pensionati.
L’opera omnia risultò sezionata in dieci parti, di dimensioni
varie, ciascuna articolata in titoli e sottotitoli che, almeno nelle
intenzioni, rispecchiassero il tono scanzonato, o presunto tale, del rispettivo
contenuto.
Anni fa, “aizzato” da un certo
Piero Carbone (nella veste di “anneavarchi”, per dirla alla trapanese),
l’autore fu “costretto” a raccoglierne alcuni “capitoli” in un volumetto
distribuito ai nostri lettori. Ma che fine fecero le altre innumerevoli creature?
Assassinate, a sangue freddo, in
blocco: la strage delle innocenti!
I loro scheletri restano
rinchiusi nell’armadio delle memorie. Una targhetta sull’armadio riporta da
Dante (Purgatorio, XXIX): “...frate mio, guarda e ascolta...”, ma ormai nessuno
presta più orecchio, il loro destino è segnato: finiranno, e non manca poi
molto, polverizzate dall’azione implacabile delle tarme dell’oblio. Quando
hanno saputo della pubblicazione di
questa “storia”, sono venute fuori a frotte chiedendo tutte a gran voce di
partecipare. Avremmo voluto
accontentarle, ma ovviamente, come si faceva ad
abutere della pazienza dei lettori? ne porteremo solo una
rappresentanza. Ve le presentiamo, sperando che vogliate accoglierle con
indulgenza: sono cose di casa nostra! Comunque, basta che diciate “basta” e noi
mettiamo subito punto: punto e pasta come abbiamo letto da qualche parte.
* * *
La raccolta si rivolge agli
aspetti quotidiani più disparati della “società di comodo”, quella di oggi: una
società che “marcia” coi tempi che corrono; nonostante tutto, animati da alto
senso cinico andiamo avanti lo stesso: in ordine sperso.
I
Si comincia con “Personaggi ed
interpreti” che raggruppano soggetti vari, da Adamo (un magnaccia che mandava
la sua donna in Eva-nscoperta) a Garibaldi (uno che si riconosce fra Mille)
Nei “VIP” si può cogliere il
fascino mediocre della borghesia: nobiltà boriosa (la casta lievitata), vita
mondana (l’alta frequenza), il vanitoso (l’uomo del gas), titolo onorifico
( il falso accrescitivo), nobiltà
palermitana (i quattro conti di città).
Una nutrita rappresentanza fa
parte delle corporazioni: il
macellaio (un uomo di
fegato; colto in flagrante:
sapete com’è -balbetta- la carne
è debole), il commerciante di bestiame (il buoi scout), il barbiere (uno che
cerca il pelo nell’uomo, ti fa lo shampoo, la lavatina di Figaro, e vuole
pagato il pizzo), l’agopuntura (il sarto che dà dei punti a chiunque, ma spesso
perde il filo del discorso), il
ciabattino (uno molto attaccato
alla forma, ma che lavorando coi piedi ha deciso di attaccare le scarpe al
muro), l’elettricista (un tipo
apprensivo che sta sempre sulle spine e segue la corrente), l’orologiaio
(l’uomo col tic, che ha sempre i minuti contati), l’arrotino (uno che tiene il coltello dalla parte del
manico), l’astronauta (il tappato volante), il
bagnino (il gran ciambellano), la
dattilografa (una ragazza che non perde una battuta), il fabbricante
d’infissi (il procuratore delle
imposte), il fabbro (un energumeno che
mette tutto a ferro e fuoco), il gioielliere (un uomo dal cuore d’oro),
l’esattore del gas (uno sempre in
bolletta), il fornaio (uno con la pizza
sotto il naso), il minatore (un tipo brillante), il netturbino (il
granatiere), lo scaricatore (un uomo con la cesta sulle spalle), l’impresario
delle pompe funebri (uno che sta sempre sul chi vive), il salumiere (l’esperto
del gioco dell’etto), l’idraulico (un
uomo ridotto agli sgoccioli), lo stagnino (furente perché gli hanno chiesto di
saldare subito il conto), il
fotografo (un tipo
impressionante), il becchino (sempre pronto a metterci una pietra sopra) e
finiamo con il tabaccaio (notoriamente un venditore di fumo).
Non poteva mancare un accenno al
familiare mondo dei militari: dai cavalleggeri (ai quali è vietato servirsi
della ritirata) all’allievo ufficiale (che a lungo ha divisato di vestire la
divisa), al capitano (che non è stato promosso e suo mal-grado
deve rassegnarsi), all’ufficiale medico vecchio stampo (il medico tipurgo),
alla recluta (Car e t’abbacchi), al bersagliere
(un lestofante), al trombettiere
(che suona... il silenzio) . . . e così via.
Un posto va riservato agli
animali: dal gatto (che si fa i ratti suoi) alla gallina
(nata per la cucina); la pollastra
che invecchia (teme le zampe di gallina), e il destino dei polli (essere eliminati in batteria). In città
campeggia
dappertutto la scritta “vietato
l’ingresso ai cani”: e se il cane puta caso non sa leggere? C’è il gatto
istruito (uno che ha studiato topografia), e l’accalappiacani (un mangiacani a tradimento), mentre una
gallina pacioccona
(va a passo d’uovo). Un pavone intraprendente (con la coda di vaglia,
punta su tutte le ruote) e il coniglio (in
macelleria diventa un gatto senza
capo nè coda).
II
Nello sport c’è il mecenate(che mena il fan per l’ala), il
portiere (uno che afferra al volo ma che qualche volta va al riposo sotto di
una rete), l’allenatore (il preparato di calcio), l’invasione di campo (la nera del dì di
festa), l’arbitro (un tipo infischiato nel gioco del
calcio), il tifoso violento (armiamoci a partita), il derby Roma-Lazio (dall’Urbe botte da orbi),
il pugile (la sventola a pressione, ha la vittoria in pugno: occhio per occhio,
dente perdente), l’allenatore del pugile (mi raccomando, usa la testa!), il
fantino(un tipo leggero, che corre la cavallina), il campione di bocce (un
maestro col pallino della bocciatura), il tennista (il giocatore di
tre set), la caccia grossa (riservata a gente che ci
sa-fari), la corsa ad ostacoli (il baio oltre la siepe).
E poi il poeta (un tipo da
prendere per il verso giusto), lo storico (uno scrittore di successo) e naturalmente l’uomo di cultura ( che ha una finzione insostituibile
nella società).
Nel mondo del canto, Albano si lamenta: questa è stata la
mia Romina! E Celentano che s’è scoperto il ruolo del predicatore? così, ex
abrutto!? Al concerto di Katia Ricciarelli, l’accompagnano l’orchestra
sinfonica e Pippo Baudo! Non esiste più l’avanspettacolo, la mossa cantata, e
l’astrologo seguace di Bacco proclama: io di-vino il futuro!
Andando nel quotidie, se pioveva
era tempo imperfetto, la tutela ambientale è assicurata dal servizio puzza
correction, mentre il cittadino esasperato per i regalini che fido gli lascia
sull’uscio di casa minaccia: ch là fa, l’aspetto! Per i ricorrenti incendi
estivi ad Erice per cause naturali, l’ipotesi viene accettata con beneficio
d’incendiario, e il marinaio
freddoloso se ne sta sotto coperta.
Le nostre coste sono benedette da
Dio, andateci e la pece sia con voi. Se gli
amici calano numerosi nella vostra casa al mare, pazienza, sono gli
imprevisti della villeggiatura! Anche nelle nostre spiagge si pratica il top-less, è la
conseguenza dell’evoluzione dei busti. Il
viaggiatore disperso nel deserto muore di sete pur avendo l’acqua alla
gola e il campeggiatore tira a càmper.
Il cacciatore carica le cartucce, i
fagioli all’uccelletto, e il contadino
tuttofare, un tipo pollivalente, s’imbatte in una testa di cavolo, uno zuccone
che esce dal
seminato. Della crisi dell’agricoltura non è il caso di fare un
melo-dramma, si sa che il podere logora chi non ce l’ha.
A casa, il caffè - acqua in
bocca- sale espressamente per noi (stu cafè chi fa, camina?, chiedeva un mio
caro amico - la risposta era sempre la stessa: e chi avi i peri?) e intanto
l’insonne, un tipo sveglio, si affida all’anima del purgatorio per combattere
la pigrizia del crasso interiore. Fra gli articoli casalinghi, non c’è più il
cantarano, un mobile decaduto, trovi invece l’aspirapolvere (lo scopone
scientifico), la candela (al servizio
del consumatore), lo specchio (uno che brilla per prontezza di riflesso), la
damigiana (la madre di tutte le bottiglie), il salotto buono (gli arredi
sacri), il robot (con la memoria di
ferro), la persiana che va a pezzi (è il tarlo della gelosia), mentre per le
scale del condominio imperversa il pettegolezzo (il corriere della serva).
Si mangia più del dovuto
nonostante il consiglio del dietologo (l’uomo
forte del regime): metti una pera a cena. Prima digestio fit in ore e ore, à da
passà a ruttata! Ma un gelato non si nega a nessuno: il peccato ti cola.
Abbiamo parlato di ordine sperso: dilaga la delinquenza (l’infrazione galoppante), la
giustizia (prendi uno, paga nessuno) s’ispira alla massima cristiana “il
migliore verdetto è il condono”; le cause civili rimandano ai posteri l’ardua
sentenza e così l’Italia, culla del
diritto, passati i secoli, è finita sepolta nella tomba di famiglia.
Lo scippatore (uno con le borse
sotto gli occhi) che sfila sotto gli occhi della polizia s incontra con lo
scassinatore (il principe del foro): toh, guarda che combinazione! Mentre per
Nero Woolf, l’investigatore buongustaio, il caso è sempre risotto, i
piedipiatti sono spesso incriminati per vizio di procedura, il cavillo di
battaglia dell’avvocato, l’uomo
dell’arringa salata. Negli Stati Uniti lavora ancora il boia, un tipo da
mozzare il fiato: se gli date corda avete finito di campare.
Intanto, mentre la signora
ministra ha finito di comporre il suo staff, si è cioè staffata (e i genitori
che dovrebbero dire!?), sulla scuola italiana, la media a sdraio, grava un’aria
pesante: nebbia a banchi. La scuola, quell’aula sorda e grigia,accetta la
riduzione del tasso d’interesse e i titoli di stato registrano un forte ribasso;
il professore di matematica (uno
che crea un sacco di problemi) guarda scettico l’insegnante di disegno che dice
di lavorare per un tondo migliore.
Se passi alla sanità, l’amaro
medicinale degli italiani, ti prende subito un irrefrenabile ticket nervoso: il
sistema ospedaliero va controsano, il ricovero in ospedale si risolve nella
messa in piaga, il professore si gode la sua lauta pro-benda, l’oculista ti
guarda a vista il portafogli, l’urologo fa i suoi calcoli, il dentista appresta
la camera al dente, il giovane ortopedico (ego coniungo l’oss) si fa le ossa,
scompare il vecchio medico di famiglia e si fa
strada la figura del giovane
medico non-curante: il paziente alla fine perde la pazienza.
Nel lessico sanitario troviamo
fra l’altro: - l’aborto = un progetto non andato in parto; - l’apparato
respiratorio = l’aspirapolvere; - il catarro = il do di petto; - il naso = il reggimoccolo; - i piedi = la base per
l’altezza; - il sangue venoso e arterioso = il doppio senso di circolazione; -
il torcicollo = il voltafaccia; - le vitamine =
le raccomandate di ferro - il peto = l’eloquenza del foro.
III
Per i trasporti a suo tempo si parlò del piano Formica. E
infatti la riforma è ferma su un binario morto. In Sicilia la vecchia
locomotiva continua ad alimentarsi con palate al forno e la macchina resta
il mezzo del cammin di nostra vita.
L’automobilista sogna di andare a piedi,
il ferroviere a scopa prende sempre il
settebello, la fattura del meccanico richiede autocontrollo mentre il
carrozziere investe nei tamponamenti. Un solitario vigile pentito fa
pubblica ammenda mentre negli autobus
oltre la respirazione bocca a bocca si pratica il coi-bus interruptus.
Quella che non s’interrompe mai è l’orgia televisiva: ci
sono le allucinanti trasmissioni intimistiche costruite -tanto per non fare
nomi diamo i cognomi- da Carrà, Castagna, D’Eusanio, De Filippi e così via
lagrimando, mentre la pubblicità va a tutto dash: il teleudente, e-vidente, si sente spottuto ma la massaia finisce sempre con
l’abboccare all’OMO.
Attorno al 1990,
in tempi non sospetti antecedenti alla storica calata in
campo, in casa nostra si annotava fra l’altro: “Berlusconi e gli spot
televisivi: non lascia mai il certo dell’inserto”; e ancora: “tutti riconoscono
a Berlusconi intraprendenza e intelligenza = è Finintest”.
Il mondo della burocrazia, con le inevitabili incursioni
nell’orticello del malaffare, ha un posto di rilievo, il rododentro, nelle cose
di casa nostra. Basteranno alcune definizioni flash della burocrazia italica : la sputapendenze, un bestione corpulentu, la
raccolta della grettezza ufficiale, il pubblico impiago, l’istituto del dramma
antico, la casa di riposo, il centro lenti a contratto, la presenza pro-firma,
il dormitorio pubblico, le
presenze invisibili, l’ordine delle obliate, il fermacarte;
e con i suoi personaggi: l’impiegato sfaticato che tutti i giorni lavorativi. .
.osserva l’orario, quello col secondo lavoro che va in ufficio per
impiegare il suo tempo libero, quello
del catasto che ha una catasta di pratiche arretrate, quello contegnoso (un
signore conposto). Non si può passare sotto silenzio la bustarella: manìu profumu d’intesa, la cassa integrazione
guadagni, l’entrata
riservata, l’ammorbidente formato ridotto, il prendi che
crea un’atmosfera, l’olio santo, il dottor ti pago, per grazia ricevuta, il
trattamento d’acquiescenza, la somma da masticare e così via gustando.
C’è poi la festa dell’IVA, l’evasione fiscale a cui il
condono tombale, con l’assistenza spirituale del consigliere di tassazione, dovrebbe somministrare l’estrema unzione.
Dalla parte di lei c’è la ragazza riservata (che non si sbottona mai), la bellezza acqua e
sapone (la carina lattea), la donna autoritaria (ha un debole per l’uomo
debole), la femminista esagitata (l’uomo mascherato), quella racchia e violenta
(la piatta forma vendicativa), la ricca zitella (il richiamo dellamatura),
l’aspirante miss (ai posteri l’ardua sentenza), la sposina in cucina (e anche
questa è sfatta!), la vecchia massaia (la casalinda), il sogno di ogni bella
donna (campari soda), un’altera giunonica signora (è piena di proso-poppea), la
signora dal maquillage vistoso (un pezzo dipinto a mano).
Dalla parte di lui, limitandoci alla scheda del latin lover,
una specie in estinzione, troviamo: quello studioso (impegnato nellaricerca),
quello umbro (gli piacciono tanto i baci perugini), quello volubile (l’appetito
vien cangiando), quello sregolato (è ridotto belle e ossa), il portoghese
(Casco de Dama), il metodico (chi va piano va seno e va lontano), il latinista
(melius abbordare et configere). Lui e lei s’incontrano: è la fusione delle
testate, il buio tunnel dell’amore, il camino della speranza, che richiede il
disarmo generale e controllato. Può
capitare un lapsus talami, l’amaro di Mogliere, ci sono anche
i dissapori e l’abbandono del tatto coniugale, ma alla fine tutto s’accomoda: è
nato un bel bebè, complimenti per la trasmissione.
Ma su lui e lei incombe il colpo della strega: la suocera,
il giudice a latere, il capo dell’opposizione, la madre-lingua, la badante, il
corrispondente di guerra. E se proprio non va, c’è il divorzio: la festa
dell’indipendenza degli stati uniti!
Il latino, nella versione maccheronica, si presta bene alle
storpiature ad usum del fine.
C’è l’addio al celibato (marituri te salutant), il padre
severo ma affettuoso (absit iniuria nerbis), il cane a passeggio (il cactotum della
città), l’orticello del contadino (ciciri pro domo sua), l’aspirante erede (ora
pro robis), la toilet (veni, vidi, fici), la crisi religiosa (in dubio pro
deo), il laico vecchio stampo (affetto da
impotentia venerandi), le riflessioni filosofiche (il de
profundis), il salumiere distratto (occorre accertarsi de pisu), i detersivi
(ab uno dash omnes), il piccolo burocrate (mens nana in corpore nano), una
fortunata carriera (il curriculum), propaganda elettorale (tibi te habeo),
politicante borioso (tempore diluvii omnia tronfia natant), il motto del
fornaio (si vis panem para lievitum), la “gente” (abbuttata refero), la Sicilia (abbannunata refero),
le cose di casa nostra (‘nfrinzata refero).
Rimane nell’armadio degli scheletri, il grosso faldone
occupato dalla lost politik di ieri e di oggi: tirandolo fuori, uomo di parte
come so di essere, rischierei di guastare il carattere frizzantino e
allegretto, come dire.. .vasa vasa, che s’intende dare a questa riunione di
amici. Ci sarebbe anche il capitolo dedicato al clero,ma scherzando coi fanti
si rischia d’incontrare i santi.
Un capitoletto miscellaneo si propone come andante
allegretto, così, senza un chi nnicchi e
nnacchi. Alcuni esempi: -scongiuro repubblicano = tronu tronu vattinni arrassu -il
marito = ras nullius -processione propiziatoria della pioggia = ora pro nubis
-la litania del vespro = lagnus dei -il condannato al patibolo = subisce una
diminutio capitis - aumenta il divario fra Nord e Sud = la populorum regressio -tentativo
di corruzione = noli me tangere -spaghetti al dente = il cottus interruptus -linguaggio
d’oggi = il de vulgari eloquentia -la scimmia = l’uomo mascherato -l’uomo = la
scimmia mascherata -una bella donna = ha efficacia erga omnes
A questo punto, però, mi rendo conto di non potere andare
oltre.
Allora sai che facciamo? La finiamo qua. Poi, se mai ci
fosse qualche amatore del genere, per ogni evenienza mi porto l’armadio al seguito,
da rovistare insieme, naturalmente su appuntamento.
Il concetto vi dissi, ora il cabbuciu! (una sorta di
focaccia servita in occasione di una riunione conviviale estiva in Sicilia =
n.d.r.)
E, come disse Confucio, si è cauru e m’abbruciu, ci ciuciu!
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