“La notte del Venerdì Santo per le vie della città sfilano in solenne processione, a cura delle maestranze, i famosi Misteri, gruppi lignei del sec.XVII, con personaggi di grandezza quasi naturale, che rappresentano gli episodi della Passione di Gesù. Venti sono i gruppi, e precisamente....La grandiosa processione costituisce uno spettacolo singolare d’arte, di bellezza e di fede. I gruppi si custodiscono nella Chiesa del Purgatorio”
Uno spettacolo singolare di arte, di bellezza e di fede:è la definizione delle guide turistiche.
L'arresto |
Per
noi, è ben diverso.
Ci
sono sì l’arte, la bellezza,la fede, ma ci sono, direi soprattutto, il soffio
della vita, il calore dei sentimenti, gli anelli di una lunga catena di
generazioni e generazioni, che si riconoscono nei padri e si rinnovano nei
figli, tutto ciò che il turista può intuire ed anche apprezzare, ma non vivere.
Parlando
dei Misteri, in ogni trapanese, grande o piccino, ateo o credente, residente o
emigrato, puoi cogliere un luccichio umido degli occhi, la scintilla di un
fuoco mai spento, covato dentro sotto la cenere dell’apatia e del distacco
esteriori, la fiaccola accesa dal nonno del nonno del nonno, secoli fa, là sui
bastioni delle mura di tramontana, sulle Torri della Colombaia e di Ligny,
sulle cupole delle chiese settecentesche, sugli scogli e sulle barche
veleggianti sul mare, un lume che si affaccia ad ogni finestra e ad ogni
balcone amorevolmente portato da un vecchio, da una madre, da un bambino, un.
falò scoppiettante alimentato da mille mani in ogni strada, in ogni vicolo,
nei meandri nei quali ogni anno si addentrano e si attardano i Misteri, i
Misteri della Passione di Gesù, i misteri della vita di una città,di una
comunità che in essi ritrova le sue sparse radici.
Sono
nato con essi: mia madre mi ricorda spesso che quando ho aperto gli occhi là,
in una casa dell’estrema punta della città, era il primo mattino e “si
ritiravano” i Misteri. Non so come i bambini di oggi vivano i mesi, le
settimane, i giorni, le ore che ne precedono “l’uscita”: io ne centellino
ancora la febbrile attesa, l’inesorabile lentezza dello scorrere del tempo che
ci avvicinava a quel giorno, un senso di sublimazione, un sentirsi più leggeri
in un’atmosfera al limite del surreale.
la sollevazione della croce |
Un
colloquio che si fa più intimo, più confidente al primo accendersi delle torce
e dei fanali, accecanti nel barbaglio degli argenti, che permettono di
scrutarli più da vicino, di scoprirne le stimmate della sofferenza, il ghigno
della crudeltà, la trafittura del dolore. Gli incappucciati, loro, restano
impenetrabili nella loro maschera forata da due finestrine saettanti bagliori
sinistri, rabbrividenti. Cosa si dicono i protagonisti di questa manifestazione
sacra e profana insieme, questa rappresentazione corale di decine di migliaia
di persone, tutti autori primattori e comparse ad. un tempo,vissuta sul
grandioso palcoscenico di un’intera città, con il fondale della sacra vetta
della paganità, le quinte delle sue strade antiche, il proscenio del suo mare
tempestoso?
Si
narrano le vicende dei tempi antichi e quelle di oggi, il lento scorrere dei
decenni e dei secoli, volti sempre nuovi, diversi ma sempre uguali, le stesse
ansie, gli stessi tormenti, le stesse speranze, il mistero di un destino
incombente cui nessuno può sottrarsi.Tutti hanno la loro parte da
rappresentare: il Cristo flagellato e martoriato, la Madre dilaniata dal dolore,
i Giudei, Ponzio Pilato, Erode, gli Apostoli; e la folla, questo insieme di io
alberganti in una fragile armatura infagottata nell’abito delta festa.
La
gente prega, si diverte, va a casa, torna in strada, i locali si riempiono
(chissà se, come ai tempi dei miei anni verdi, si usa ancora rintanarsi nelle
bettole per il tradizionale pesce salato innaffiato da turbolento vino,
premessa sicura per inevitabili corse liberatorie verso il vicino mare!?). La processione
si snoda, lenta e solenne, nella consueta scenografia: “loro” esplorano
la città, le vecchie case fatiscenti, le arterie logore e sclerotiche di
quartieri un tempo pulsanti di vita, vita genuina, di stenti di fatiche sì, ma
anche di distaccata serenità, la saggezza antica, conseguita nella dignità del
lavoro ravvivata dalle parentesi gioiose delle piccole cose ritrovate nelle
angustie della vita quotidiana intensamente sofferta e vissuta da pescatori,
carpentieri, orafi, muratori, corallai , falegnami, maniscalchi,fabbri,
scalpellini, panettieri, bottegai,
salinai, barbieri, ciabattini, tutta la gente umile e fiera che ha fatto la
storia di questa città, una storia di operosità, di dignità, di concretezza.
La spogliazione |
E
con loro appaiono i fantasmi buoni del passato, a fraternizzare coi loro idoli
di legno e con essi ravvivare nel cuore dei loro discendenti la fiamma del
primo amore, l’orgoglio della corporazione, il soffio animatore delle virtù
antiche.
Loro,
le statue lignee rivestite con tela e colla, disdegnano i quartieri nuovi sorti
nel caos, le pretenziose costruzioni dell’epoca recente ,i diabolici strumenti
del “progresso” che corre incontro al nulla e si aggirano lenti e assorti,
ancora portati a spalla, per le vecchie strade, quelle che recano ancora, e
chissà per quanto, le ferite del martirio, lo stesso da loro subito il 6 aprile
del 1943 nel vecchio rifugio di San Michele, guardano, scrutano nella loro
statuaria immobilità che i massari dirigono verso questa o quella casa, in direzione
di questo o quel vicoletto. E insieme, fantasmi buoni e statue, parlano alla
folla, a noi, alcuni intenti e commossi, altri apparentemente distratti e
distaccati, agli uomini e alle donne, al padre o al nonno che issa il piccolo
sulle spalle perché possa meglio vedere, imprimersi nella mente e nel cuore
immagini da tramandare domani ad altri bambini.
L'ascesa al Calvario (particolare) |
(1982)
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